Tutta la forza profetica di Pier Paolo Pasolini
Una nuova collana dedicata al poeta, regista e scrittore
Sulle tracce di Pier Paolo Pasolini. Come in un film- inchiesta, all’americana. Qui, però, la ricerca termina sull’uscio della casa abitata dal poeta, regista, e scrittore ( che strano, un titolo per ogni sua “P”) dal 1955 al ’ 59. Al Numero 86 di via Fonteiana, a Roma, nel quartiere Monteverde Vecchio. « Gli attuali padroni di casa non hanno voluto che entrassi » , ricorda Monica Cillario, fotografa e autrice di Pasolini, Roma e la Casa delle Ceneri, prima una mostra e poi un catalogo- libro, edito dal Centro studi Pasolini di Casarsa, con venti foto dedicate al luogo in cui Pasolini terminò di scrivere Le ceneri di Gramsci. E nel quale si trasferì lo stesso anno della pubblicazione di Ragazzi di vita: prima uscita della collana del Corriere della Sera, “Le opere di Pier Paolo Pasolini” —, in edicola dal prossimo 27 ottobre a 8,90 euro, escluso il costo del quotidiano — in occasione dei quarant’anni dalla scomparsa del grande intellettuale e artista. Subito dopo via Fonteiana, troviamo la piazza omonima, e quella via Abate Ugone, la borgata di Donna Olimpia, dove si svolge gran parte di Ragazzi di vita. La passeggiata ancora oggi lascia una sensazione di amaro in bocca. Quel senso di polvere del quale parla Cillario, descrivendo l’esperienza del suo reportage tra i luoghi del poeta. Tra posti e cose apparentemente insignificanti e rimasti uguali da sessant’anni a questa parte: dalla pulsantiera del citofono al pomello della porta d’ingresso, ad una serranda abbassata. Da lì passò il poeta, certo. Ma se ci fermassimo ad ascoltare la portinaia dello stabile, con la quale la fotoreporter ha scambiato qualche battuta tra uno scatto e l’altro, rimarremmo stupiti dalla semplicità dei suoi ricordi: « Signor Pasolini, la pregherei di non suonare più in piena notte, così facendo mi sveglia il bambino » , gli intima la signora dalla guardiola, quando lo scrittore, immancabilmente senza le chiavi di casa, si ritira verso le quattro, le cinque del mattino. La portinaia potrebbe rappresentare benissimo una delle persone semplici e umili, quei lavoratori spesso difesi dal poeta in moltissimi articoli e commenti pubblicati sui principali giornali dell’epoca, e per i quali non era importante scoprire tutto di colui che Emanuele Trevi, in un bel ritratto inedito pubblicato all’inizio dell’edizione del Corriere de I Ragazzi di vita, definisce: « Il viandante nel lato oscuro delle cose » . Nella collana del Corriere, “Le Opere di Pier Paolo Pasolini”, la terza uscita, Scritti corsari, è dedicata proprio agli articoli di Pasolini pubblicati principalmente sul Corriere della Sera, dal 1973 fino al 1975.
Metafora. E ancora, via Fonteiana come metafora del cambiamento. All’epoca, ancora a un passo dalla società dei consumi e dall’omologazione, oggi immersa nel contemporaneo distratto, che forse non sa. « Il paradosso è che la palazzina non è cambiata: è come se una coltre di polvere l’avesse preservata e allo stesso tempo fatta dimenticare » , osserva Monica Cillario, domandandosi cosa rimanga di un artista quando scompare e non c’è più. Le sue opere, potrebbe essere la risposta. Da leggere o rileggere per scoprire quella “portata profetica”, come scrive Paolo Di Stefano nella sua prefazione inedita agli Scritti corsari contenuti nella collana. Leggere, quindi, un gesto che Cillario giura di compiere ogni volta che ha bisogno di ritrovare l’autore de Le ceneri di Gramsci, naturalmente presente nella serie del Corriere, con la prefazione di Giuseppe Leonelli. « Le poesie di Pasolini mi hanno fatto compagnia durante il viaggio in treno tra casa e scuola, quando ero una studentessa liceale » . Chiedendo alla polvere — stavolta sì — di scivolare via dalle pagine.