Quell’infinito “romanzo” nel romanzo di Zivago
L’Europa e l’incapacità di affrontare il problema degli immigrati? Perché soffriamo un deficit di classe dirigente
Ho letto la recensione di Diego Gabutti al libro Zivago nella tempesta di Paolo Mancosu pubblicato da Feltrinelli e volevo rendervi parte di un estratto della comunicazione inviata da me e da Fernando Orlandi al grande convegno internazionale sul Premio Nobel Pasternak che si è tenuto una decina di giorni fa alla Stanford University: « Su questo convegno incombe il lavoro di Valerio Riva e Pietro Zveteremich, che nel 1956-57 hanno rispettivamente pubblicato e tradotto il Dottor Zivago di Pasternak e si sono battuti perché venisse conosciuto in tutto il mondo. La Feltrinelli era allora una giovane casa editrice e il non ancora trentenne Valerio Riva ne era il direttore editoriale. Con questa nota si è inteso ricordare il ruolo di Riva e Zveteremich nella pubblicazione del grande romanzo — osteggiata in ogni modo da Mosca e dal Pci — e dare il giusto rilievo al saggio che insieme scrissero negli anni Novanta. Dopo il crollo del sistema comunista, nel 1992 iniziarono ad aprirsi gli archivi di Mosca. Riva, che a quel tempo viveva a Los Angeles, si mise in contatto con Zveteremich. Insieme decisero di cercare la documentazione sull’affaire Zivago. La casa editrice Ponte alle Grazie li sostenne e così si recarono a Mosca, dove trovarono la collaborazione di Rem Usikov, direttore del TsKhSD, e dei suoi stretti collaboratori. Poco dopo, Ponte alle Grazie si trovò coinvolta in una tempesta politico-giornalistica per la pubblicazione, con alcune piccole variazioni, di una lettera di Togliatti, rinvenuta negli archivi ex sovietici dallo storico Franco Andreucci. Ponte alle Grazie entrò in crisi. Venne rilevata dal gruppo editoriale Longanesi, cui tuttavia non interessava il “dossier Zivago”. Sopravvenne poi la morte di Zveteremich, il 3 ottobre del 1992. A questo punto Carlo Feltrinelli contatta Riva, e poi firma un contratto per la pubblicazione del saggio. Nel 1994 la Gallimard pubblicò Le dossier de l’affaire Pasternak (gli stessi documenti raccolti da Riva e Zveteremich). Due anni dopo la Feltrinelli decise unilateralmente di rompere il contratto per avere “perso interesse” alla pubblicazione del libro. Riva non disperò di pubblicare il saggio. Lo propose inutilmente a Rizzoli. Nel 1998 doveva pubblicarlo Treves, ma il progetto non andò a buon fine. Alla morte di Riva, nel 2004, il libro su Pasternak è ancora inedito. Da allora, il testo viene citato da vari studiosi, che hanno evidentemente avuto accesso alla versione parziale e incompleta che Feltrinelli aveva ricevuto nel ‘94, una versione monca (oggi l’originale è depositato presso la Biblioteca Archivio del Csseo). Correttezza avrebbe richiesto che gli studiosi non utilizzassero il saggio incompiuto, ma richiedessero piuttosto agli eredi la necessaria autorizzazione.
— Tilde Riva
Le immagini che ogni giorno invadono le nostre televisioni ed i nostri giornali sembrano certificare l’incapacità dell’Europa a rispondere e a confrontarsi con il fenomeno di migliaia di persone che cercano di fuggire dalla guerra e raggiungere luoghi ove costruire per sé e per le proprie famiglia un futuro migliore. Ciò accade perché, anche se non ne abbiamo percezione, il mondo vive, come dice papa Francesco, nella terza guerra mondiale. Una guerra dispersa in mille teatri di conflitti locali che destabilizzano intere regioni e costringono la gente a fuggire. Colpisce che sia l’Europa a non trovare le risposte adeguate, quella stessa Europa che nel disegno dei Padri Fondatori voleva essere il luogo per sperimentare nuove modalità di convivenza tra gli stati, mettendo al centro dell’attenzione le persone con i loro diritti e le loro ambizioni. Oggi noi dimentichiamo di essere la prima generazione di questo continente a non conoscere la guerra. Dimentichiamo che per la prima volta nella storia del mondo ci sono Nazioni che hanno scelto di mettersi insieme per libera volontà dei propri cittadini invece di usare la forza del potere e della guerra. Mettere al centro dell’attenzione le persone significa costruire le regole dello stare insieme attraverso la valorizzazione degli individui nello svolgimento concreto della loro vita. D’altra parte chi si occupa, per esempio, di progettazione europea sa come innovazione, competitività ma anche accoglien- za, inclusione, sostenibilità, condivisione siano parole chiave che permeano ogni documento o direttiva europea. Colpisce, anche, che gli atteggiamenti di chiusura più radicali rispetto al problema delle migrazioni di questi giorni siano venuti dai Paesi che sono entrati recentemente nella Ue e che vengono da storie di privazione di libertà e di diritti. Forse bisognerebbe ricordare loro che nel momento di aderire alla UE hanno sottoscritto un patto fatto di opportunità di sviluppo ma anche di adesione a valori ben precisi. Nello stesso tempo spesso il Parlamento e la Commissione Europea (espressione degli stati nazionali) parlano due linguaggi diversi. Forse è una semplificazione ma appare evidente come l’Europa oggi soffra di un deficit di classe dirigente. Leaders che sono più interessati a solleticare la pancia dei propri cittadini piuttosto che assumere il ruolo di guida della propria comunità, prendendola per mano ed accompagnandola verso le sfide complesse e difficili che il tempo presente ci mette davanti. Dire però che c’è bisogno di una nuova generazione di Padri Fondatori dell’Europa non può sollevare ciascuno di noi dalle proprie responsabilità. Forse è necessario ricominciare dal basso, anche dalle piccole comunità affrontando i problemi di oggi senza aver paura delle difficoltà cercando di vincere la superficialità di quanti immaginano di avere in tasca risposte già confezionate. È quello che cerchiamo di fare nella nostra comunità di Borgotaro, un piccolo Paese dell’Appennino Parmense attraverso Intersos, un’associazione che cerca di fornire elementi di lettura degli avvenimenti del mondo organizzando incontri, eventi, ascoltando testimonianze e protagonisti per capire e comprendere quello che accade intorno a noi con la consapevolezza che non vi è nulla di quanto avviene nel mondo che non riguardi anche noi e la nostra piccola comunità.
— Romeo Broglia
regia di Jonathan Demme