Il Calvario di Bergoglio
Un giorno papa Francesco convoca un sacerdote noto per aver affrontato e risolto problemi di natura economica “delicati”. Gliene sottopone un altro relativo alla gestione del patrimonio della Chiesa. « Santità — dice il prete dopo aver ringraziato per la fiducia —, è consapevole che dal giorno successivo comincerà a ricevere lettere anonime con accuse di ogni genere nei miei confronti? È già accaduto e, purtroppo, tra queste mura e Oltretevere sono in molti a provare piacere e a trarre vantaggio dalle calunnie, anche se palesemente infondate » . « Monsignore, riteniamoci fortunati: questo è il nostro Calvario e dobbiamo percorrerlo fino in fondo » , risponde il pontefice. Così, imparando a conoscere le crepe della cittadella dove si annidano i serpenti, Bergoglio avvia la pratica della trasparenza: se qualcuno della gerarchia ecclesiastica viene messo alla gogna, lo convoca e cerca di appurare i fatti, dando l’opportunità all’accusato di difendersi. E intanto procede ( pur a tentoni) con le pulizie generali. Ma, si sa, tutto ciò che riguarda la Chiesa romana ha risonanza mondiale e noi giornalisti dobbiamo fare il nostro mestiere: di fronte a documenti che qualcuno ci fa pervenire abbiamo il dovere di tenerne conto. Abbiamo anche il dovere di raccontare i fatti nel loro contesto e di schivare le trappole di chi ( forse in buona fede) immagina che dal peggio possa scaturire il meglio. Ora, per alcune settimane, assisteremo, a livello globale, al riemergere di fatti già noti, raccontati e in parte superati, con l’ingenua convinzione che aiuteranno papa Francesco nell’azione risanatrice. Chi gli sta vicino, però, sostiene il contrario: rallenterà i tempi, perché quel che nel mondo secolarizzato richiede un giorno per realizzarsi, nella Chiesa deve sedimentare un anno. Inoltre, per necessità “narrative” si pone l’accento su questioni fuorvianti, fatte di metri quadrati, di arredi, di suppellettili e di apparenti lussi, quando chiunque di noi non vivrebbe un giorno in quei saloni freddi e inospitali, anonimi e opprimenti che ospitano pro tempore i cardinali. Quando, per lavoro, ho fatto visita a un alto prelato, sono sempre uscito dall’appartamento con un profondo senso di tristezza ( quasi di commiserazione), immaginando che solo una vocazione alla rinuncia avrebbe potuto costringermi ad abitare in luoghi simili. Questo polverone, comunque, potrebbe inaspettatamente giovare alla Chiesa: se fino a qualche settimana fa sembrava vi fosse un’insanabile spaccatura sui temi della modernizzazione, ora tutti, vescovi e cardinali, rinserrano le fila attorno al pontefice argentino. Se così sarà, tutto il resto verrà archiviato come cronaca da rotocalco.
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