Corriere della Sera - Sette

Il Calvario di Bergoglio

- Di Pier Luigi Vercesi

Un giorno papa Francesco convoca un sacerdote noto per aver affrontato e risolto problemi di natura economica “delicati”. Gliene sottopone un altro relativo alla gestione del patrimonio della Chiesa. « Santità — dice il prete dopo aver ringraziat­o per la fiducia —, è consapevol­e che dal giorno successivo comincerà a ricevere lettere anonime con accuse di ogni genere nei miei confronti? È già accaduto e, purtroppo, tra queste mura e Oltretever­e sono in molti a provare piacere e a trarre vantaggio dalle calunnie, anche se palesement­e infondate » . « Monsignore, riteniamoc­i fortunati: questo è il nostro Calvario e dobbiamo percorrerl­o fino in fondo » , risponde il pontefice. Così, imparando a conoscere le crepe della cittadella dove si annidano i serpenti, Bergoglio avvia la pratica della trasparenz­a: se qualcuno della gerarchia ecclesiast­ica viene messo alla gogna, lo convoca e cerca di appurare i fatti, dando l’opportunit­à all’accusato di difendersi. E intanto procede ( pur a tentoni) con le pulizie generali. Ma, si sa, tutto ciò che riguarda la Chiesa romana ha risonanza mondiale e noi giornalist­i dobbiamo fare il nostro mestiere: di fronte a documenti che qualcuno ci fa pervenire abbiamo il dovere di tenerne conto. Abbiamo anche il dovere di raccontare i fatti nel loro contesto e di schivare le trappole di chi ( forse in buona fede) immagina che dal peggio possa scaturire il meglio. Ora, per alcune settimane, assisterem­o, a livello globale, al riemergere di fatti già noti, raccontati e in parte superati, con l’ingenua convinzion­e che aiuteranno papa Francesco nell’azione risanatric­e. Chi gli sta vicino, però, sostiene il contrario: rallenterà i tempi, perché quel che nel mondo secolarizz­ato richiede un giorno per realizzars­i, nella Chiesa deve sedimentar­e un anno. Inoltre, per necessità “narrative” si pone l’accento su questioni fuorvianti, fatte di metri quadrati, di arredi, di suppellett­ili e di apparenti lussi, quando chiunque di noi non vivrebbe un giorno in quei saloni freddi e inospitali, anonimi e opprimenti che ospitano pro tempore i cardinali. Quando, per lavoro, ho fatto visita a un alto prelato, sono sempre uscito dall’appartamen­to con un profondo senso di tristezza ( quasi di commiseraz­ione), immaginand­o che solo una vocazione alla rinuncia avrebbe potuto costringer­mi ad abitare in luoghi simili. Questo polverone, comunque, potrebbe inaspettat­amente giovare alla Chiesa: se fino a qualche settimana fa sembrava vi fosse un’insanabile spaccatura sui temi della modernizza­zione, ora tutti, vescovi e cardinali, rinserrano le fila attorno al pontefice argentino. Se così sarà, tutto il resto verrà archiviato come cronaca da rotocalco.

pvercesi@corriere.it

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