Un’agente agli inferi, dove in ogni uomo c’è il Male
Il profilo di una donna che viaggia in macchina. È seduta sul sedile posteriore di un’auto di grossa cilindrata. Ha il volto sciupato, teso. È da giorni che non mangia. Si guarda attorno con la convinzione che qualcosa di drammatico debba accadere. Con un cambio di fuoco, l’inquadratura ora si sposta sul paesaggio che scorre dietro di lei. Sembra l’inferno, ma è solo la periferia di una città del Centro America: ammassi di case circondate da sporcizia, rottami di ogni genere, bambini che giocano a calcio tra i rifiuti. La macchina da presa indugia sui cadaveri seviziati e mutilati appesi sotto i cavalcavia. Ora il fuoco ritorna sulla donna in macchina. La vediamo a figura intera. Il giubbotto antiproiettile con sopra la scritta Fbi ci dice qualcosa di più di lei. Scorre la devastazione davanti ai suoi occhi, ma non parla. Le sue pupille azzurre, fisse verso l’orizzonte, ci dicono che non sa quale sia la sua meta: non conosce la sua missione. Udiamo la voce dell’uomo che le siede affianco che, in tono perentorio, le ordina di armarsi. Tira fuori la pistola dalla fondina e si prepara ad un’eventuale imboscata. È l’inizio di un viaggio agli inferi, dove il bene non esiste e scopri il male in ogni uomo. Una prova di sofferenza per cui lei si è offerta volontaria, perché ha capito che l’unico modo per combattere quest’orrore è farne parte.