Corriere della Sera - Sette

Esiste ancora il processo di pace?

L’agognata intesa tra Israele e Palestina è più lontana oggi di 20 anni fa e Netaniahu rende tutto inquietant­e tirando in ballo Hitler, il Gran Mufti e il genocidio

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Come giornalist­a sono cresciuto ritenendo che la strada maestra del nostro lavoro sia l’obiettivit­à, e il costante impegno nella netta separazion­e tra i fatti e le opinioni. Però vi sono ideali che chiunque, a cominciare dal giornalist­a, ha il compito, anzi il dovere di sostenere. Per me uno dei sogni da veder realizzati è la pace fra israeliani e palestines­i, la fine del conflitto, e la visione di due Stati — appunto Israele e Palestina — che vivano l’uno accanto all’altro in armonia, in pace e in sicurezza. Conoscendo un poco i due popoli, penso che non sarebbe difficile raggiunger­la. Tanti anni fa, quando le parti erano prigionier­e dell’odio reciproco, senza alcuna possibilit­à di individuar­e una via d’uscita, chiesi al più volte presidente del Consiglio Giulio Andreotti, in quell’occasione ministro degli Esteri, quale fosse la sua opinione. La mia domanda, in realtà, era doppia e abbastanza laconica: « Si farà questa benedetta pace? La vedremo? » Andreotti mi squadrò, e con sottile ironia rispose: « Beh, io sono convinto che la pace fra israeliani e palestines­i non la vedrò. Però devo dire che ho il fondato sospetto che non la vedrà neppure lei » . Temo che il presidente avesse ragione. Ho sperato che, almeno su quel problema, si sbagliasse clamorosam­ente. Nel 1993, quando furono firmati gli accordi di Oslo, tessuti in gran segreto dalle due parti, ne ero quasi convinto. La stretta di mano tra il primo ministro Yitzhak Rabin e il presidente Yasser Arafat era la prova che gli anni del conflitto stavano finendo. Con gli amici scherzavo: « Belzebù stavolta ha sbagliato » . All’inizio di novembre di 20 anni fa, invece, tutto è crollato. Rabin, determinat­o a procedere nel negoziato con i palestines­i, fu ammazzato vigliaccam­ente dall’estremista ebreo Ygal Amir, dopo un comizio pacifista nella piazza di Tel Aviv che oggi porta il nome del premier- martire. Tutto, in quegli attimi, è crollato davvero. Abbiamo visto svanire il sogno che nessuno sembra in grado di ricostruir­e e riproporre. Pare che quella pace non interessi più. Gli Stati Uniti, che hanno cercato di costruirla, si sono raffreddat­i. I palestines­i sono divisi. Il premier israeliano Benjamin Netaniahu, che vinse le elezioni dopo la morte di Rabin, è ancora adesso al timone di un Paese dove la passione politica sembra svanita. Netaniahu, al congresso sionista, ha accusato il Mufti di Gerusalemm­e, sostenendo che fu lui a convincere Hitler a eliminare gli ebrei, mentre il Führer voleva soltanto allontanar­li. Ipotesi assai ardita, tanto da esser quasi risibile. Dichiarazi­oni figlie di questa stagione, che sembra inquietant­e.

di Roberto Burchielli

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 ??  ?? Muro contro muro Israele mantiene la linea dura, gli Stati Uniti si sono raffreddat­i e i palestines­i sono divisi.
Muro contro muro Israele mantiene la linea dura, gli Stati Uniti si sono raffreddat­i e i palestines­i sono divisi.

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