Quell’equilibrio precario sul tetto dei 3 mila euro
Premier, ministro dell’Economia ed esponenti Pd hanno invertito rotta sul limite del contante utilizzabile. Il problema? Solo non spiegare il perché
Adesso accade nel ribaltone di posizioni sul tetto ai contanti, ma in principio fu il Consiglio dei Ministri della vigilia di Natale 2014, all’epoca del via libera all’importante delega fiscale: salvo accorgersi dopo una settimana che, nel testo teoricamente approvato in Consiglio da tutti i ministri, era spuntata una norma asseritamente sconosciuta a tutti i ministri, e cioè quella che depenalizzava le frodi sotto il 3 per cento: all’esito di un imbarazzante balletto di balbettii, e a distanza di un anno, a tutt’oggi ancora non si ha il bene di sapere di chi fosse la “manina” che aveva infilato quella norma. Il problema non è mai che si cambi idea, ma che la si cambi senza dare chiarezza alle ragioni che la fanno cambiare, per di più trasmettendo l’impressione che le traiettorie di queste mutate determinazioni si condensino o evaporino fuori dalle sedi istituzionali. È il caso del metodo della discussione ( in questi giorni in Parlamento con l’esame del vero testo della legge di Stabilità approdato dopo 15 giorni di nebbie post- annunci) attorno all’intenzione del governo di alzare il tetto di utilizzo del denaro contante a 3.000 euro, al posto degli attuali 1.000 abbassati dal governo Monti rispetto ai 5.000 e ( nel 2008) persino ai 12.500 euro dei precedenti governi Berlusconi.
MAGNIFICHE SORTI. Non è certo un sacrilegio che il presidente del Consiglio, se lo ritiene, si attesti sulla trincea del « non cambieremo la norma sui contanti, stiamo rimettendo gli italiani in condizione di spendere » , sebbene lo slogan sia contraddetto dall’audizione in Senato nella quale il vicedirettore della Banca d’Italia ha osservato che « l’esistenza di effetti macroeconomici della soglia sui consumi non è sorretta da chiara evidenza empirica » : ad apparire singolare è invece che il premier sorvoli su cosa sia cambiato dal settembre 2012, quando nel suo programma per le primarie del Pd esprimeva la convinzione che occorresse « abbassare la soglia di tracciabilità dei pagamenti fino a 500 euro, dando incentivi alla diffusione di strumenti alternativi al contante » . E se è stato rilevato che appena un anno fa anche Pier Carlo Padoan approvava la limitazione del contante per « l’esigenza di far emergere l’economia sommersa e aumentare la tracciabilità delle movimentazioni per contrastare il riciclaggio di capitali di provenienza illecita, l’elusione e l’evasione fiscale » , colpisce che il ministro dell’Economia ora ancori la sua nuova odierna posizione ( « Rivendico di aver cambiato idea » ) al fatto che, « dopo aver esaminato meglio la questione, l’evidenza mi dice adesso che non c’è una correlazione tra il limite al contante e la dimensione dell’economia sommersa » : evidenza che tale non è per Banca d’Italia, persuasa che « l’esistenza di una soglia scoraggi in via generale una circolazione troppo ampia di banconote, tale da fornire materia a transazioni illecite » . La pensavano così, peraltro, pure gli esponenti del Pd che oggi argomentano le magnifiche e progressive sorti del contante a 3.000 euro, ma che— non un’era geologica fa — firmarono una proposta di legge di un deputato allora di Sel ( oggi del Pd): scopo? Limitare l’utilizzo del contante a 500 euro.