Paternità bruciata: geni perduti di fronte ai figli
Neonati lasciati all’ospizio dei trovatelli, bimbe abbandonate. Manzoni, Rousseau, Galileo, anche Einstein: tutti genitori celebri e degeneri
In un libro le tormentate relazioni di scrittori e scienziati famosi
Nel dibattito sempre acceso sulla crisi della paternità, s’inserisce una voce originale e dissonante, e che fa luce su una categoria particolare di uomini, i geni. Grandi uomini, piccoli padri ( Fazi editore), è il titolo, già esplicito, di un’indagine del giornalista, e collaboratore della Società italiana di psicologia, Maurizio Quilici. Analizzando vita e testimonianze intorno a sei giganti del pensiero, da Galilei a Manzoni a Chaplin, a Tolstoj, Einstein e Rousseau, porta il lettore a una certezza: genialità e genitorialità non sono compatibili. I bambini non erano ancora al ponte di comando delle famiglie come oggi, la società non contemplava congedi parentali. Ma il comportamento di chi stava scriven- do la “Teoria della relatività” o I Promessi Sposi, letto oggi appare sufficiente a far perdere la patria potestà, o a incorrere nel codice penale. Figli non riconosciuti e mai visti ( Einstein); neonati gettati nell’ospizio dei trovatelli ( i cinque figli di Rousseau); bambinette trascurate fino alla loro morte, come nel caso di Matilde, figlia di Manzoni. Una collezione di uomini dal cuore arido. Pare che ci sia una predisposizione a trasformarsi da ottimi maestri, nel peggiore degli allievi. È il caso di Jean- Jacques Rousseau e di Tolstoj. Il primo, l’illuminato pedagogo che nell’ Emilio ammoniva: « Colui che non può compiere i doveri di padre non ha neppure il diritto di diventarlo... » , ogni volta che la sua Thérèse Le- vasseur partoriva uno dei loro cinque figli, correva a portarlo all’ospizio. Della sua scelta, scrisse: « Quella soluzione mi parve così buona, sensata, legittima, che se non me ne vantai apertamente, fu soltanto per riguardo alla madre » . L’autore di Guerra e Pace era ossessionato dal senso di giustizia; l’educazione era