Introduzione al metodo Straub
Nemico della finzione. Rifugge inquadrature e suoni superflui. Come nell’ultimo breve film, composto da sei blocchi
Tra i tanti luoghi comuni che assediano il cinema, c’è anche quella dei film « astrusi e noiosi » dove l’uno è causa dell’altro e viceversa ( astrusi perché noiosi oppure noiosi perché astrusi). Categoria elastica e irriverente dove a turno passano film e registi che hanno l’improntitudine di dimenticare le regole tradizionali del racconto cinematografico per sperimentare altri percorsi. Come fa Godard. E come fa Jean- Marie Straub, che ha sempre firmato le sue regie in coppia con la moglie Danièle Huillet fino a quando è morta nel 2006. Di solito i suoi film si vedono ai festival, in qualche rassegna, nelle notti di Fuori Orario. Raramente arrivano nei normali circuiti ( l’ultimo fu Sicilia! del 1999, che però in Italia uscì cinque o sei anni dopo). Adesso, dopo un passaggio estivo al Festival di Locarno, ci provano i distributori di Boudou/ Passepartout con Kommunisten, che proprio questa settimana arriva in una decina di città. Un’occasione unica, vista anche la particolare struttura del film, per confrontarsi con il “metodo Straub” e un cinema sicuramente fuori dagli schemi. Il film, lungo solo 70 minuti, è costruito per blocchi — sei, per la precisione— dal cui incontro/ confronto nasce il senso del film. Un po’ come succede in musica con i movimenti di una sinfonia o di una sonata. Inutile, quindi, cercare un qualche elemento narrativo che passi da un blocco all’altro. Straub, come Godard ma anche con Ejzenštejn, è convinto che l’essenza del cinema stia nel montaggio, nel mettere due immagini o due scene — o due blocchi di scene — una dopo l’altra, e chiedere allo spettatore di “leggere” quello che nasce da questa contrapposizione. Nemico dichiarato della finzione, Straub cerca di depurare gli elementi costitutivi del cinema— il suono, l’inquadratura, il montaggio— un po’ come hanno fatto certi pittori astratti con i colori e le linee. Così, a vol-