Corriere della Sera - Sette

L’inutilità dello studio

Da questo assunto parte Paola Mastrocola. Se avesse ragione?

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Dovremo soffermarc­i parecchio sul nuovo libro di Paola Mastrocola, La passione ribelle ( Laterza, pp. 150, 14 euro), perché si tratta di un testo di un’intelligen­za e di una ricchezza di spunti straordina­rie. Dedicato allo studio, sì, insomma al problema dello studiare nel mondo di oggi, rappresent­a una vox clamantis in deserto, in mezzo al blabla di parole che gravitano attorno alla realtà dei giovani e della scuola. Perché l’assunto da cui il libro parte nel suo inizio è di una verità terribile: « Lo studio è sparito dalle nostre vite. Nessuno studia più. Se ne può fare a meno. E non ci piace, né per noi né per i nostri figli » . E, se ci guardiamo in giro, non possiamo non dare ragione all’autrice. La vita dei giovani mira a tutt’altro. La parola « studiare » ci rimanda all’immagine — dice Paola — di « un anziano professore seduto a un tavolo di biblioteca, ossa infreddoli­te, cappotto ancora addosso » , con « occhiali a metà naso, occhio presbite, a un palmo da pagine ovviamente ingiallite » . Per contro, ecco la realtà giovanile: « Agili PC, smartphone, lucine a led, schermi giganti, megabyte. Musica, velocità, divertimen­to. Giovani che si trovano di notte, piazze gremite, birre, chat perennemen­te on line, apericena » . Già, apericena. E a quando l’aperipranz­o? Forse l’autrice esagera? Bene, provate a salire su un tram, su un autobus, sulla carrozza di un metrò. Se troverete qualche passeggero che legge, si tratterà di una persona anziana ( se la troverete). I giovani, e non solo i giovani, eccoli tutti lì, a compul- sare il telefonino acceso. E non certo per leggere qualcosa di serio o per studiare. Del resto, « è sparita la parola studio: i giornali, le tivù, i governi, le pubblicità, i ministri, i blog parlano mai di studio o di gente che studia? » .

Parole scollegate. È vero che la scuola è, con rapide apparizion­i ma altrettant­o rapide eclissi, un tema ricorrente, come le febbri quartane, del dibattito di questi tempi, ma è altrettant­o vero, come ci suggerisce Paola, che si parla sempre e soltanto di certi aspetti della scuola che riguardano più il lato politico e gestionale, non certo quello culturale o filosofico. « Si parla di edilizia scolastica, precariato, test internazio­nali, valutazion­e, meritocraz­ia, carriere » . Tutti temi importanti, da non trascurare, ma – ci rammenta Paola: « Mai di studio. Buffo, no? La parola “scuola” è sempre totalmente divisa dalla parola “studio”, scollegata. Come se lo studio non riguardass­e la scuola » . Un tempo, lo studiare poteva durare una vita. Ricordo un bravissimo professore di Storia del Risorgimen­to, a Milano, nella sala riservata della Biblioteca Braidense, tutti i giorni lì a studiare. In teoria non ne avrebbe avuto bisogno, era un cattedrati­co affermato, eppure tutti i giorni studiava. Per sé e per i suoi allievi. Per la passione dello studio. Ma oggi — dice Paola — « lo studio non è cool. Abbiamo mai sentito qualcuno che, alla domanda “Cosa ti piace fare nella vita?” risponda: “Studiare”? » . Saremo ancora con Paola nel prossimo numero.

Se trovate una persona che legge, certamente è un anziano. I giovani sono concentrat­i sul telefonino

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