Ritorna Lemaitre con un romanzo perfetto
La trilogia noir dell’autore si chiude. Una storia di cento pagine che è una pistola puntata alla tempia del lettore
Dopo aver scritto la sua formidabile trilogia noir ( Irène, Alex – un capolavoro assoluto – e Camille) che i lettori di questa rubrica dovrebbero conoscere bene, Pierre Lemaitre si dedicò ad altri generi. Aveva in mente, idea non proprio corrente, un romanzo sulla Grande Guerra che sarebbe poi diventato il bellissimo e pluripremiato Ci rivediamo lassù e si dimenticò del commissario Camille Verhoeven che della trilogia era stato il brillante protagonista. A tutti gli effetti, quel personaggio sembrava ormai appartenere al passato, aveva fatto più che bene, se non gloriosamente, la sua parte ed era arrivato il momento di congedarlo. Poi un editore commissionò allo scrittore un romanzo per celebrare una ricorrenza importante nel mondo dei libri francesi. Lemaitre si mise all’opera. Aveva bisogno di qualcosa per cominciare e lo trovò una notte mentre passeggiava per le strade di Parigi e s’imbattè in un marciapiede sventrato a causa di lavori alle condutture del gas. Lo scrittore si fermò a contemplare la profonda buca delimitata da sbarramenti bianchi e rossi per impedire che qualche passante ci finisse dentro. Lemaitre sentì come una forza misteriosa che lo risucchiava all’interno di quella voragine e capì che aveva trovato la cornice della storia che voleva raccontare. Ora gli mancava una “buona idea”, l’idea che fa stare in piedi
IN 25 PAROLE
un romanzo. In questi casi bisogna solo aspettare e prima o poi arriva. La buona idea Lemaitre la trovò negli appunti che stava prendendo per Ci rivediamo lassù. Durante la Prima Guerra mondiale sono state lanciate in Francia tantissime granate ( un miliardo per la precisione). Molte non sono esplose e sono rimaste sepolte nel terreno. Ce ne sono ancora. Prendete una di quelle granate e nascondetela nel buco sul marciapiede per i lavori alle condutture del gas. Procuratevi un timer e tutto il necessario per far deflagrare quella granata nel cuore di Parigi. Lo sentite il ticchettio? Il romanzo è cominciato. La prima bomba scoppia subito, a pagina 13 ( che è in realtà pagina 3), e ce ne sono altre sei, programmate per esplodere. Una al giorno. Questa è la genesi di Rosy & John, il romanzo breve ( cento pagine portentose) che completa la trilogia noir di Lemaitre ( come i tre moschettieri erano quattro, così la trilogia è fatta di un quartetto di storie, in segno di omaggio a Dumas, una delle stelle polari letterarie dell’autore). Ma per fare rientrare nella trilogia Rosy & John ( il titolo è una vecchia canzone del grande Gilbert Bécaud) c’era bisogno ancora di un tocco. Il ritorno di Camille Verhoeven. L’attentatore, un giovanotto senza arte né parte, calciatore dilettante, elettromeccanico disoccupato, si costituisce dopo il primo colpo ( che, miracolosamente, non provoca morti) e