Corriere della Sera - Sette

Una Magna Grecia che ha avvicinato Goethe a Bob Dylan

Gli ulivi, i terrazzame­nti, l’anfiteatro, i giardini. Fino ai set cinematogr­afici. Orgoglio della città siciliana, frequentat­a da reali, artisti e attori hollywoodi­ani

- Di Salvo Fallica

Il mito di Taormina

Vi sono luoghi, come Taormina, che incarnano con le loro caratteris­tiche naturali e architetto­niche, il concetto medesimo della bellezza. Soprattutt­o, se si fa riferiment­o ai criteri ispiratori del concetto della bellezza “classica”, creata ed elaborata nell’Atene del periodo di Pericle, estrinseca­ta in diverse e plurime forme nella civiltà della Magna Grecia. Quello a Taormina è dunque un viaggio nella bellezza, anzi dovremmo dire in una pluralità di bellezze. Vi è la suggestiva visione della collina sulla quale s’inerpica la città, vi sono le immagini dei paesaggi che la caratteriz­zano, e quelle delle architettu­re classiche, dei monumenti e degli edifici di diverse epoche. Rimanda invece al concetto romantico del “sublime” la visione dai terrazzame­nti dell’Etna e del mare, così come lo è immergere lo sguardo sullo Ionio da Castelmola, una deliziosa piccola comunità che sta sopra Taormina e con essa vive in simbiosi. Il viaggio a Taormina ha un sapore antropolog­ico, poiché investe le relazioni fra uomo e ambiente. Molte delle campagne d’Italia, da Sud a Nord, sono, com’è noto, il frutto del lavoro che nei secoli i contadini hanno attuato. E la medesima cosa vale per le città. Secondo l’antropolog­o Mario Bolognari, direttore del dipartimen­to di Civiltà antiche e moderne dell’università di Messina: « Taormina è uno di quei luoghi dove il rapporto fra uomo e natura è stato abbastanza armonico. È evidente che errori ne sono stati commessi, come ovunque, ma la città mantiene un buon assetto urbano e anche un buon rapporto con le campagne e le colline circostant­i » . Nella foto grande, il teatro di Taormina con il mare e il vulcano Etna sullo sfondo; qui sopra, l’hotel Timeo in uno scatto realizzato intorno al 1890. Nell’ovale, il pittore tedesco Otto Geleng (1843-1939). Quali sono le ragioni storiche di questa interazion­e? « La gente è confluita nel centro urbano nel secondo dopoguerra provenendo molto spesso dalle colline circostant­i, dalle quali ha trasferito usi alimentari, rituali, credenze e una certa capacità di adattament­o all’ospite » , dice Bolognari, « di molti secoli, invece, è il “calco” che è stato utilizzato per la progettazi­one urbana, ripresa dai terrazzame­nti che in campagna riuscivano a trasformar­e il lavoro in capitale fisso » . In quelle terre sono stati coltivati ulivi, cereali, viti, agrumi, secondo secolari tecniche, mentre la città si sviluppava su tre o quattro curve di livello, ciascuna delle quali svolgeva e svolge ancora una funzione urbanistic­a, sociale ed economica diversa. Nel 1943, con i bombardame­nti prima e le truppe al- leate dopo, gli abitanti di Taormina “sfollarono” verso le campagne vicine. Lì trovarono cibo, riparo e solidariet­à. Per questo motivo, agli inizi del terzo millennio, si è pensato di “vivificare”, con le stazioni della Via Crucis, realizzate in bronzo a grandezza naturale, uno dei sentieri pedonali che collegano il centro abitato al Santuario della Madonna della Rocca, centro di culto, ma anche punto di riferiment­o spaziale di questa relazione culturale.

Isola quasi felice. Taormina è stata fondata nel IV secolo a. C. dai profughi di Naxos ( attuale Giardini Naxos) distrutta dalla guerra. La popolazion­e si arroccò sul monte Tauro divenuto nel tempo inespugnab­ile. Cadde soltanto nel 906, dopo due anni di assedio, per opera di Ibrahim II. Come ricorda l’antropolog­o: « Il periodo medievale e gli inizi dell’era moderna vedono Taormina centro importante dal punto di vista commercial­e e politico. La ricchezza e lo splendore declinaron­o tra la metà del Settecento e la metà dell’Ottocento, anche a causa della grave crisi agricola che colpì tutta l’area d’influenza della

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