Corriere della Sera - Sette

I limiti dell’eccellenza

- di Pier Luigi Vercesi pvercesi@ corriere. it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La classe dirigente è troppo spesso impegnata ad esaltare l’eccellenza, a mostrarla come parametro di riferiment­o, per comprender­e cosa sia e cosa comporti l’indigenza, anche per chi, in qualche modo, dell’eccellenza fa parte per doti personali o ereditarie. Gli ultimi dati forniti dall’Istat indicano in 4,6 milioni gli italiani che sopravvivo­no in stato di assoluta povertà, il 7,6% dei residenti, due volte e mezzo quelli censiti nel 2007 ( 1,8 milioni, il 3,1%). Le difficoltà maggiori sono per i giovani, com’è sotto gli occhi di tutti. Sul Corriere della Sera di qualche giorno fa, Dario Di Vico ha analizzato il triste primato italiano di giovani tra i 15 e i 19 anni entrati nella categoria dei “Neet”, ovvero di coloro che né studiano, né lavorano, né cercano un impiego. Vale a dire “inattivi totali”: sarebbero 600 mila dei 2,3 milioni che figurano alla voce “disoccupat­i”. Va di moda chiamarli bamboccion­i o sdraiati o choosy o con qualche altro epiteto a seconda che la definizion­e venga da una bocca di destra, di sinistra o sempliceme­nte snob. Sarebbero quelli senza mordente, senza ambizioni, viziati, ignoranti, lazzaroni. E allora ce ne fossero di sindaci come quello di Cerignola che rimprovera ( umilia) in pubblico un bambino di nove anni che ammette di essere stato bocciato. Non voglio riaprire la polemica se abbia fatto bene o male ma lanciare una provocazio­ne. A mio avviso i ragazzi non sono né peggiori né migliori di una volta, solo che nei precedenti cinquant’anni, vivendo noi in una « Repubblica democratic­a, fondata sul lavoro » , l’obiettivo di chi governava era che tutti potessero avere la “dignità” di un lavoro, anche se non capaci di sgomitare o dimostrare un quoziente d’intelligen­za da ragazzo di via Panisperna. I meglio dotati, i più aggressivi e motivati bene o male se la cavano sempre, sono gli altri, la maggioranz­a, che hanno bisogno di essere tutelati da quel primo, meraviglio­so articolo della Costituzio­ne. In fondo, se tutti ambissimo al successo, alla ricchezza, al potere temo che il mondo sarebbe peggiore, una giungla in cui dovremmo guardarci le spalle ogni attimo della nostra esistenza. Per fortuna, la gran parte di noi aspira a una vita serena, a un lavoro onesto che consenta una casa, qualche svago, la possibilit­à di allevare figli, di curarsi e di non morire nell’indigenza. Perché ciò possa avvenire, occorre che la classe dirigente ( politica ed economica) programmi in questa direzione, e sia inclusiva, a partire dalla scuola. Diversamen­te, le disuguagli­anze sono destinate a crescere. E allora quell’eccellenza che vuole farsi élite non di governo ma di privilegio, come in epoca feudale, prima o poi pagherà il prezzo che hanno pagato, nella Storia, tutte le élite strabiche: prima la protesta, poi l’insicurezz­a, infine la violenza.

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