Migranti che «bighellonano»
/ Cosa succede a chi si vede negata la richiesta d’asilo? Dovrebbe lasciare il Paese, ma spesso svanisce nel nulla dell’italica ipocrisia
Ecosì Milano è invasa un’altra volta. Ad aggravare la situazione è la presenza di tanti minori, molti provengono dal sud dell’Egitto, dove si è diffusa la voce che in Italia i ragazzini vengono subito presi in carico e aiutati. Molti migranti dormono in strada, nei giardini, presso le stazioni ferroviarie. Si comincia a parlare di rimpatri; ma sappiamo tutti che una volta qui, qui rimangono, vivendo di carità o altro. È chiaro che così non si può continuare.
Laura Soliveri soliveril@tiscali.it
E invece si continua. Anche perché nessuno - compresi quelli che strepitano - riesce a trovare una soluzione. Quello che accade è evidente. Tra i migranti non ci sono solo i profughi delle guerre mediorientali; ci sono soprattutto africani in cerca di una vita decente. Di scoraggiare le partenze non siamo capaci. Lasciarli affogare in mare non possiamo. Dobbiamo soccorrerli, identificarli, decidere sulla richiesta d’asilo. Dopo un tempo d’attesa troppo lungo, nel quale i richiedenti spesso bighellonano qua e là ( verbo usato da Matteo Renzi al Corriere l’ 11 luglio), viene accolta una richiesta su tre. Cosa accade agli altri due, dopo il diniego? Fanno ricorso. E se arriva un altro diniego e il provvedimento d’espulsione? In teoria dovrebbero lasciare l’Italia; di fatto, svaniscono nel nulla dell’italica ipocrisia. Lavorano come schiavi nei nostri campi; si accampano ai bordi delle nostre città; chiedono l’elemosina o si prostituiscono. Fingiamo pure di non vedere. Ma così prepariamo i disastri che verranno.
Che c’entra la Brexit con Barabba?
Gentile Severgnini, viva la democrazia. Ma se crediamo nel principio «una testa, un voto», dovremmo accettarne il conseguente corollario: «Nessuna testa, nessun voto». Molte grandi scelte, da Barabba alla Brexit, sarebbero forse andate in modo diverso… Pierangelo Filigheddu peterang@inbox.com
Non mettiamo insieme Barabba e Brexit, per carità! Altrimenti ci ritroviamo il neo- ministro degli esteri Boris Johnson vestito da Ponzio Pilato. Comunque, credo d’aver capito e rispondo: la conseguenza del suo ragionamento è l’abolizione del suffraggio universale. Pessima idea. È vero, tuttavia, che alcune decisioni vanno lasciate ai nostri rappresentanti ( altrimenti cosa li eleggiamo a fare?). Per esempio: è giusto chiedere direttamente ai cittadini se, in certe condizioni, accettano l’aborto o l’eutanasia. È sbagliato, secondo me, sottoporre a referendum un trattato internazionale o una legge fiscale. In un caso e nell’altro, è facile per i demagoghi eccitare gli animi, magari raccontando bugie. La promessa di dirottare il contributo britannico alle UE (£ 350 milioni/ settimana) al Sistema Sanitario Nazionale britannico ha spostato il voto del 23 giugno a favore del LEAVE. A urne chiuse, Nigel Farage e il sunnominato Boris Johnson hanno ammesso: non si può fare. Ma ormai il danno è fatto; e il biondo Boris è stato pure premiato da Theresa May col Foreign Office. Oh, la mia povera Inghilterra.
altro che funzionario
Caro Beppe, il termine inglese “civil servant” ha un certo prestigio. Il vocabolo italiano “funzionario” ne ha molto meno. Come mai? Seconda domanda: perché non prevedere una parentesi di servizio alla comunità, durante il quale ognuno può offrire le proprie competenze alla Pubblica Amministrazione?
Fabrizio Pravato fabrizz64@gmail.com
Prima risposta: perché lo Stato, in Inghilterra, gode della stima della popolazione ( anche se ha perso qualche punto nel post- Brexit, vedi sopra). Seconda risposta: un funzionario ha obblighi di imparzialità. Se la Pubblica Amministrazione italiana diventasse una porta girevole, considerato la nostra ( in) sensibilità ai conflitti d’interesse, apriti cielo! Ci possono essere eccezioni – Diego Piacentini che si mette in aspettativa da Amazon per dirigere ( gratuitamente!) l’innovazione digitale italiana – ma devono restare tali.