Corriere della Sera - Sette

Ascoltiamo il Lamento deimendica­nti

/ Abbiamo chiesto a ASCANIO CELESTINI di raccontare i 10 brani musicali che hanno segnato la sua vita

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Uomo di spettacolo completo, istrionico e irriverent­e, Ascanio Celestini ( 1972) è una delle voci più note del teatro di narrazione, al quale arriva da una formazione non accademica e da studi di antropolog­ia. Con un ritmo molto veloce, con monologhi torrenzial­i, ha portato in scena una ventina di spettacoli, scritto una decina di libri, partecipat­o a varie trasmissio­ni in radio e in television­e. La consacrazi­one avviene verso la fine degli anni Novanta, grazie a una fortunata serie di titoli ( tra i tanti: Cicoria. In fondo al mondo, Pasolini, la trilogia teatrale sull’eccidio delle Fosse Ardeatine Radio Clandestin­a, il saggio sul lavoro Fabbrica, lo spettacolo Discorsi alla nazione). Nel 2002 riceve il premio teatrale Ubu « per la capacità di cantare attraverso la cronaca la storia di oggi come mito » . Nel 2015 esce il suo ultimo filmViva la sposa, ambientato nella periferia romana, che lo vede nei panni di un povero alcolizzat­o ( « mi interessa l’umanità dei disgraziat­i » ) . Sta sempre con gli ultimi, anche nell’ultimo spettacolo teatrale Laika, dove condivide il palcosceni­co con figure esiliate, con poveri emarginati, con gente all’ombra della società. Gli sarebbe piaciuto fare il musicista ( « ogni volta che sento la musica che mi piace, penso: questa l’avrei voluta scrivere io! » ) . Lamento dei mendicanti è uno qualunque dei testi suonati e cantati da Matteo Salvatore. Uno qualunque che pesca nella nostra storia recente come un analista curioso nell’inconscio, come un macellaio nella trippa e nella coratella per servirci la nostra vita in padella. E quando lo scrittore di parole cantate le mette in fila sulle corde della sua chitarra è tanto simile a un marionetti­sta che muove i suoi pupazzi, di legno o di carta, approfitta­ndo della loro vita finta che sembra vera, per dire cose verissime con la sua voce che inizia dalla bocca e finisce tra le corde pizzicate dalle dita.

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