Cristo ti guarda, di sottecchi
/ Esercizio di virtuosismo nella ripresa del modello iconografico cinquecentesco. Con tutta la sensualità del gusto barocco nella densa stesura pittorica
Ci si interroga, davanti a questa bella tavola con il Cristo Pantocratore ( olio, cm. 39,6x31,5) sull’autore e sull’epoca. In tutta evidenza, a una prima lettura, se ne avverte il vago sentore giorgionesco, maturato in area padana, tra Brescia, Ferrara, Crema e Cremona. Il pensiero va a Dosso ferrarese e Romanino bresciano, insieme al Castello del Buonconsiglio a Trento. Chi trae spunti dall’uno e dall’altro è Francesco Prata da Caravaggio, pervicacemente giorgionesco anche quando riproduce fedelmente un’opera capitale del Romanino come la Salomè. Quella postura di tre quarti, quello sguardo penetrante, allusivo, di sottecchi, indirizzano tutti verso un Cinquecento caldo e fervido, quale poteva esprimere proprio Dosso Dossi al tempo della collaborazione con il Garofalo nel polittico Costabili per la chiesa di Sant’Andrea a Ferrara: ma la soluzione del pittore del Cristo è singolare, vivida e distaccata nello stesso tempo. Il mistero non si scioglie, perché qualcosa non torna. Ed è per questo che mi sono confrontato con l’amico Marco Tanzi, minuzioso esploratore delle terre lombarde tra Crema e Cremona; e quando ho manifestato la mia propensione per Francesco Prata, lui ha fatto un apprezzabile contropiede, conservando le coordinate territoriali, ma spingendosi in avanti di un secolo. Ha infatti proposto il nome di Gian Giacomo Barbelli, che si esercita su un modello cinquecentesco tra Giorgione e Romanino, con il compiacimento virtuosistico dei (olio su tavola, cm. 39,6x31,5). capelli morbidi e vellutati. L’ipotesi mi è sembrata immediatamente convincente, ripensando all’opera classicheggiante e pastosa del campione dei pittori cremaschi del Seicento.
UN COLPO D’ARCHIBUGIO. Il Barbelli nasce a Crema nel 1590 e si svolge, soprattutto come frescante, tra Brescia e Bergamo, fino alla morte per un colpo d’archibugio durante una sagra a Calcinate nel bresciano. Nella chiesa parrocchiale di Santa Grata in Borgo Canale una grande pala racconta la storia di Santa Grata che presenta a Santa Esteria e a San Lupo la testa recisa del martire Sant’Alessandro. Suoi dipinti sono in edifici sacri del Bergamasco: a Bonate Sopra un Sant’Antonio da Padova; a Gandino una pala con la SS. Trinità; a Lovere, nell’antica chiesa di Santa Maria di Valvendra, un San Francesco d’Assisi, firmato ” Iacobus Barbellus”, e una grande tela di vividi colori con la Presentazione di Gesù al tempio. Altre pale d’altare troviamo nella chiesa dei Ss. Faustino e Giovita a Brescia e nelle parrocchiali di Quintano ( Cremona) e di Ombriano ( Crema). Prima di applicarsi ai vasti lavori decorativi nei palazzi bergamaschi Terzi e Moroni e nelle sale del castello di Cavenago, Barbelli aveva dato prova della sua abilità prospettica e delle sue qualità di puro pittore in edifici di Crema e del Cremasco: a villa Tensini ( a Santa Maria della Croce, in palazzo Premoli a Crema e nella villa Vimercati Sanseverino di Vaiano Cremasco). Il suo fare pittorico è largo e generoso di materia e di effetti, in una impostazione di spazi e scorci prospettici, arricchiti di cartigli con motti latini, medaglioni, statue allegoriche, per inquadrare scene mitologiche o soggetti letterari. In tutto questo non è raro che Barbella risalga a fonti cinquecentesche, come Paolo Veronese e Lattanzio Gambara, nella grande dimensione; così come, nelle piccole, ad archetipi giorgioneschi e tizianeschi, e anche, come si è detto, padani. Il Cristo Pantocratore appare un esercizio di virtuosismo nella ripresa del modello cinquecentesco sul piano iconografico, con tutta la sensualità del gusto barocco nella densa stesura pittorica.