Corriere della Sera - Sette

Un Paese sprecone

/ Ogni anno vengono gettati nelle discariche 60 milioni di tonnellate di cibo

-

L’esigenza di ridurre gli sprechi alimentari è sempre più sentita in un mondo nel quale la popolazion­e continua ad aumentare mentre cresce rapidament­e la domanda di cibo di più di un miliardo di persone uscite dalla povertà in Asia e in Africa. La battaglia per la riduzione degli scarti degli alimenti è stata una delle linee guida dell’Expo milanese dell’anno scorso. Si sono ascoltati molti impegni solenni ma, se parliamo di Stati Uniti, la sensazione è che poco o nulla sia cambiato. Sappiamo che a livello planetario quasi un terzo della produzione di derrate agricole va sprecata per problemi di vario tipo: qualità del prodotto, raccolta non fatta nei giusti tempi, trasporto, distribuzi­one. In America, dove in teoria le cose dovrebbero andare meglio grazie a un sistema agroindust­riale molto avanzato e a una migliore logistica, dalla “catena del freddo” all’efficienza dei supermerca­ti, in realtà, secondo alcune recenti indagini, gli scarti sono addirittur­a superiori: arrivano a metà della produzione. La causa è una sorta di culto della perfezione estetica: i negozi rifiutano i prodotti che presentano anche la benché minima ammaccatur­a. Le conseguenz­e sono due. La prima riguarda il gusto: si vendono banane verdi, pesche e cachi duri come il marmo e senza sapore perché i frutti maturi, molto più gustosi e sugosi ma meno esteticame­nte attraenti, non li vuole nessuno. Il governo federale ha calcolato che ogni anno l’America getta nelle discariche (o usa come alimento per il bestiame) ben 60 milioni di tonnellate di cibo, per un valore di 160 miliardi di dollari: 200 chili di alimenti sprecati per ogni abitante. Ma la realtà che emerge dalle indagini più recenti è anche peggiore perché al prodotto marcito, rifiutato o comunque sprecato nel processo di distribuzi­one, va aggiunto un 20 per cento della produzione che rimane sui campi, come quelli della Central Valley della California, per la difficoltà di trovare personale per la raccolta o perché i costi sono troppo elevati. Ci sono leggi e regolament­i federali che fissano standard e obbligano i distributo­ri ad accettare anche derrate mature, ma nessun agricoltor­e che si vede rifiutare il carico di un camion da un grande supermarke­t osa appellarsi al rispetto della legge: se lo fa, rischia di perdere per sempre il cliente al quale vende gran parte della sua produzione. Sono nate anche start up come Imperfect Porduce per cercare di recuperare il cibo che va sprecato ma, come ha detto Roger Gordon di Food Cowboy al lo scarto è parte del business dei supermerca­ti i cui profitti dipendono in gran parte dal prodotto fresco di alta qualità (o che sembra tale allo sguardo) venduto a prezzi elevati. Se passano standard qualitativ­i meno severi e aumenta l’offerta, i prezzi calano e, con essi, anche i profitti delle grandi catene.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy