Stipendi da scandalo
/ L’ayatollah Khamenei critica Rohani per i salari record ai manager di Stato
I superstipendi e i bonus di fine anno che arrivano con la festa di Nowruz imbarazzano i manager iraniani. Gli ayatollah al potere hanno sempre celebrato la rivoluzione islamica del 1979 come la rivolta degli indigenti contro l’oppressione da parte dei ricchi. Il presidente Hassan Rohani aveva promesso che l’accordo con i Paesi occidentali sul programma atomico (ha garantito la fine delle sanzioni) avrebbe rilanciato l’economia. La disoccupazione resta invece al 12 per cento e i conservatori, contrari all’intesa sul nucleare, sfruttano queste cifre negative sommate ai salari dei dirigenti pubblici per mettere in difficoltà il leader riformatore. Sono stati i giornali vicini agli oltranzisti a pubblicare i documenti che mostrano come i manager della Cic, la compagnia assicurativa di Stato, abbiano intascato l’equivalente di oltre 25 mila euro in marzo, quando una famiglia media riesce a metterne insieme poco più di 540 al mese. Un capo della Banca Tejarat, sempre pubblica, avrebbe preso lo scorso novembre quasi 210 mila euro. Secondo questa stipendileaks iraniana Safdar Hosseini, che guida il fondo sovrano, guadagna quasi 17 mila euro mensili: ed è stato proprio il presidente a nominarlo. La legge in realtà imporrebbe che le retribuzioni dei manager pubblici non possano essere più di sette volte superiori a quelle del meno pagato tra gli impiegati. Bonus, premi aziendali e incentivi aiutano – come in Europa e negli Stati Uniti – ad aggirare i limiti. Così Rohani è stato costretto a intervenire per chiarire che gli stipendi sono legali ma «contraddicono i valori morali del governo». Anche l’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema, ha criticato «i salari astronomici» che comunque gli offrono munizioni per continuare la sua lotta contro le aperture verso l’Occidente. Sia lui che Rohani vivono in modo parco e austero: non riescono a imporre lo stesso stile ai loro dirigenti.