La fatica di costruire dopo la Brexit
La Brexit ha fatto comprendere a tutti noi, anche a coloro che erano euroscettici, quanto sia prezioso il cammino che da Rossi a Spinelli ci ha portato fino a questo complicato 2016. Scriveva Ettore Albertoni, un ex socialista che aveva, insieme al professor Miglio, contribuito a fondare la “prima Lega Nord”, assai diversa da antieuropea di oggi: « Si tratta di costruire sul serio, con fatica e impegno, partendo dalle culture dei popoli, ossia dalla pluralità delle società, storie, culture e identità, di questo Vecchio Mondo, l’Europa civile e sociale, umanista e democratica, partecipata e generosa, autenticamente federalista, che sinora è stata ottusamente ignorata da politici e tecnici » . Pochi giorni fa, alla Fondazione Basso, si è svolta una conferenza internazionale per i 40 anni della Dichiarazione Universale di Algeri. Lelio Basso era un socialista visionario, ingiustamente dimenticato. Il 4 luglio del 1976 lanciò, insieme con un gruppo di giuristi e militanti dei diritti umani, una dichiarazione universale per i “Diritti dei Popoli”: perché tutte le norme e le Carte sui diritti umani non riescono ancora ad alleviare le sofferenze degli uomini anche se, nel contempo, su di esse poggia la legittimazione costituzionale degli Stati ( che nella maggior parte dei casi non le applicano come dovrebbero): insomma è necessario tornare ai “popoli protagonisti”. Si tratta di ricercare un Federalismo Solidale, che accolga proposte “per un diritto dal basso”. I 30 articoli della Dichiarazione di Algeri hanno mantenuto la loro rilevanza e sono riassunti da queste parole di Basso: in situazioni di transizione come questa, il nuovo - che nasce in contrapposizione al vecchio - non può fare appello al potere che vuole scuotere; solo se il nuovo interpreterà esigenze reali, riuscirà ad imporsi alle forze riluttanti, che a poco a poco, sono state riconosciute dai singoli Stati.