Mangia mirtilli, vedrai meglio di notte
/ Utili anche per affrontare la dissenteria o arginare la fragilità dei capillari, le piccole bacche blu combattono la miopia
Bilberry fields forever... potrebbero cantare i Beatles. Boschi, brughiere, cespuglieti, pascoli subalpini sono habitat ideali per l’estendersi di “vaccineti”, ovvero campi di vaccinium mirtillus, cioè mirtilli. Il nome vaccinium lo usava già Virgilio per indicare i mirtilli neri. Deriva dal greco arcaico “vakintos”, che indicava un fiore blu. Parrebbe che latinizzato fosse usato per indicare la bacca blu come quella del mirtillo, appunto. Il nome specifico latino myrtillus, ovvero il diminutivo di myrtus, lo si riferisce per la somiglianza al mirto. Il mirtillo appartiene alla famiglia delle ericacee al genere vaccinium, a cui appartengono centinaia di specie, dai frutti in maggioranza commestibili. Conosciamo tre varietà di mirtilli, il mirtillo nero ( v. myrtillus), il mirtillo blu ( v. ulginosum) o falso mirtillo e il mirtillo rosso ( v. vitis- idaea). Sono tutte piante spontanee dell’Europa dell’Asia e dell’America settentrionale. In Italia le troviamo nei boschi delle Alpi e dell’Appennino: è infatti una pianta decisamente nordica. La varietà coltivata appartiene a una specie di origine americana ( v. corymbosum) detta anche “mirtillo gigante” ( highbush blueberry o blueberry), che cresce spontanea nel nord oriente degli Usa, ma solo dall’inizio del 1900 è stata oggetto di selezione e miglioramenti genetici, per ottenere una buona produzione. La varietà nera ha bacca a forma sferica, che può raggiungere anche un cm di diametro, la polpa ha sapore dolce- acidulo e colore rosso- viola. Ottimi consumati freschi, ma anche come confetture e conserve per torte e crostate. Il mirtillo blu è meno diffuso, la polpa non è succosa ma gelatinosa di colore biancorosea. Il mirtillo rosso ha frutti più piccoli 7- 8 mm dal sapore brusco e amarognolo. Gli indiani “Delaware” consideravano i mirtilli a bacche rosse un simbolo di pace e li usavano anche per tingere i loro corpi. Le popolazioni nordiche ricavavano sostanze coloranti impiegate per tingere stoffe di colore blu- porpora ma tingevano d’azzurro anche fili e carta. Ancora oggi gli antociani dei mirtilli se usati come colorante alimentare recano la sigla E163. Ovviamente, il loro impiego primario era a scopo alimentare specialmente per preparazioni dolci, ma dalla loro distillazione ottenevano la heidelbeerwasser, un’acquavite molto apprezzata. In farmacopea e in medicina popolare si utilizzano foglie e frutti di mirtillo per le capacità astringenti e toniche nelle enteriti e dissenterie come antisettico urinario. Sembra, infatti, che i mirtilli ( o i loro estratti) inibiscono l’adesione di colibacilli alla parete dell’intestino e della vescica. Utile anche come vasoprotettore per l’insufficienza venosa e fragilità capillare. Oppure in oculistica, come integratore naturale per la miopia e nelle ridotte percezioni notturne e crepuscolari. Un supporto che avevano trovato efficace anche i piloti inglesi della Raf che consumavano abbondanti dosi di marmellata di mirtilli per migliorare la visione notturna per gli attacchi aerei. Nel mirtillo troviamo infatti antociani e flavonoidi, tannini, pectine, parecchi, idrochinone, acidi organici come: succinico, malico, ossalico, lattico, citrico, sali minerali, vitamine B e C ecc.