In difesa del Barolo (ma non solo)
/ C’è da augurarsi che le nuove generazioni di viticoltori sappiano difendere la Langa, che non è soltanto vino, è qualcosa di molto più prezioso
Le grandi holding fanno shopping in Italia, si comprano anche il vino. Sul numero n° 29 del 22 luglio 2016 di Sette, “Aiuto stanno rubando il made in Langa”, raccontavo di come l’azienda Vietti di Castiglione Falletto fosse stata venduta alla famiglia Krause. Angelo Gaja, il grande Gaja, mi ha scritto una lettera piena di acute osservazioni: « Oltre quindici anni fa il produttore Gianni Gagliardo registra il marchio “Asta del BAROLO” e successivamente anche “Accademia del BAROLO” incurante del fatto che il nome del vino appartenga alla comunità dei produttori e non sia roba privata. Oltre una decina di anni fa la Regione Piemonte avvia il finanziamento del Museo del Vino nel Castello di BAROLO. Il progetto va avanti a singhiozzi, alla fine l’investimento supera i 3,5 milioni di euro. Il creatore di Collisioni, Filippo Taricco, trasferisce cinque anni fa l’evento da Novello a BAROLO. È un evento di qualità che nell’arco di 5 giorni attira oltre 100.000 persone nel piccolo comune di 700 abitanti. Un’abile imprenditrice albese commissiona all’architetto Arnaudo una moderna cantina nel comune di BAROLO al quale dà il nome L’ASTEMIA PENTITA. Tutti e due volevano stupire, ci sono riusciti. Non è per caso che L’ASTEMIA e Taricco abbiano scelto di realizzare il loro progetto a BAROLO, sicuramente a Narzole non avrebbe avuto senso » . Gaja si stupisce che questo fermento, « in un contesto di rara bellezza » , abbia attirato solo ora l’attenzione dell’investitore straniero. In Toscana gli investitori esteri operano da anni.
GIORNO NERO PER IL BAROLO. Sul “caso Vietti” Francesco Oddenino di Intravino ha scritto: « La prima cosa però che mi è venuta in mente appresa la notizia è la frase che Bartolo Mascarello disse una ventina di anni fa commentando l’acquisto di un pezzetto di Cannubi – ad una cifra ai tempi folle – da parte di una nota azienda spumantistica astigiana. Frase così sintetizzabile: “D’ora in poi nessun giovane di Barolo potrà più permettersi di acquistare un pezzetto di terra a Barolo e iniziare a fare il vino, questo è un giorno nero per il Barolo” » . Antonio Galloni, il noto critico italo- ame- Il produttore vinicolo Angelo Gaja in famiglia. ricano che ha lasciato la rivista The Wine Advocate di Robert Parker per fondarne una sua online, è più pragmatico: « Non è più tanto un segreto che il prezzo della terra è in salita in Piemonte. Il rapido apprezzamento ha fatto sì che i vigneti di alta qualità siano accessibili solamente alle famiglie più ricche. Ad un certo punto, sarà molto probabile che i vigneti saranno al di fuori delle possibilità finanziarie della gente del luogo. Questo fenomeno è a volte chiamato come la Borgognizzazione del Piemonte, ma in realtà la stessa situazione si applica a tutte le regioni del mondo dove vengono prodotti vini di qualità » . C’è da augurarsi che la Langa non diventi un terreno di pura speculazione per grandi gruppi finanziari, che le nuove generazioni di viticoltori sappiano resistere. La Langa non è solo Barolo, ma una realtà molto più complessa, molto più preziosa.