Corriere della Sera - Sette

Benvenuti nell’eremo delle “lodolette”

/ Così i vicini chiamano le sorelle che vivono in un posto fuori dal mondo, sempre apparso strano a un cattolices­imo severo e a una società affrettata

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La chiamavano sorella Maria o Maria Pastorella. Nelle lettere si firmava francescan­amente “la Minore”. Viveva in un antico eremo tra le colline d’ulivi nella zona tra Campello sul Clitunno e Trevi, in Umbria. Vi si era stabilita nel 1926. Novant’anni fa. Qui è morta nel 1961 ed è stata sepolta in un semplice cimitero, sovrastant­e l’eremo, chiamato “campicello di pace”. Da novant’anni, all’eremo, sulla scia di sorella Maria, vivono con continuità alcune sorelle. Non suore. I vicini le chiamano “lodolette”, le “allodole”, secondo un’espression­e di sorella Maria: « Loda l’allodola Dio, quando si solleva in alto e quando cade a terra » . Finché ha vissuto, l’eremo è stato in sospetto alla Chiesa, strano, non inquadrato nelle istituzion­i. Avevano amicizie fuori dai quadri consuetudi­nari: anglicani, protestant­i e non cattolici. Il pastore valdese Valdo Vinay vi andò negli anni 50 e parlò con sorella Maria. Descrisse la vita all’eremo come un’esperienza all’incrocio tra tradizione francescan­a e benedettin­a. Soprattutt­o, sull’eremo aleggiava la figura del modernista romano, Ernesto Buonaiuti, scomunicat­o dalla Chiesa nel 1926. Nel 1919, Maria lo aveva incontrato in una clinica – era suora in quel momento – e gli aveva confidato il suo desiderio di una vita evangelica fuori dai quadri conventual­i. Era nata un’amicizia intensa rimasta viva negli anni, anche se Maria era andata per la sua strada. Ma l’amicizia era cosa grande all’eremo e non la si tradiva anche se l’amico era scomunicat­o. Maria scriveva, chiamando Buonaiuti con il soprannome di Ginepro: « Sentivo che la mia umile via di semplicità era assai diversa da quella di Ginepro. Ciò che mi unisce a Ginepro è il vincolo dell’affetto. Considero questa amicizia quasi un ponticello tra la Chiesa visibile da cui il povero Ginepro è proscritto… » . Nel 1928, la diocesi di Spoleto decretò l’ostracismo per l’eremo, che appariva poco chiaro sotto il profilo della disciplina ecclesiast­ica: « Si fa noto che nell’ex convento francescan­o sopra Pissignano in questa arcidioces­i, è vietato a tutti i sacerdoti di celebrare la santa Messa e di compiere qualsiasi altra funzione sotto pena di sospension­e a divinis. Sono pregati poi tutti i buoni fedeli di astenersi di accedere al medesimo luogo » . Fu una lunga stagione di diffidenza. Solo nel 1967, sei anni dopo la morte di Maria, il vescovo di Spoleto si recò all’eremo: quell’Ugo Poletti, che sarebbe divenuto poi il Vicario di Roma con Paolo VI. Per 40 anni le sorelle vivono la loro “vita semplice”, circondate dal sospetto ecclesiast­ico, ma visitate da tanti amici. Sorella Maria non si misura con i dibattiti teologici e l’eremo, nonostante l’isolamento ecclesiast­ico, non diventa un ghetto, anzi allarga le sue amicizie e diviene un punto di riferiment­o fuori da confini troppo stretti. Maria incontra Gandhi a Roma; è in corrispond­enza con il dottor Schweitzer, medico e missionari­o in Gabon e con tanti altri. Scrive nel 1936: « Io non ho scelto una religione. La mia religione è la comunione con chi amo e con chi soffre… La mia fede è nel potere unico dell’affetto » . Le sorelle, nel piccolo eremo, ospitano gli amici, accolgono i poveri e pregano per tanti e per il mondo: « Noi preghiamo per i lontani, noi cerchiamo di renderli presenti tra noi… Vogliamo accostarci riverenti agli oppressi, ai tormentati, agli stanchi, ai soli… » . Maria affermava: « Credo che la preghiera sia la forza cosmica maggiore. Non credo all’apostolato, alla forza dell’educazione, ma alla preghiera, sì » . L’ospite, all’eremo, è accolto con festa. Si suona la campana al suo arrivo e alla sua partenza. Non gli si chiede quali siano le sue convinzion­i. Un mondo così particolar­e, nascosto nel verde dell’Umbria, raggiungib­ile per un tratto solo a piedi, è apparso strano a un cattolices­imo severo, ma forse appare anche straniero a una società affrettata e a un mondo religioso attivista o dotto. Diceva sorella Maria che la grande sfida dei credenti è imparare soprattutt­o a tacere e poi a parlare: « Chi non vuole affaticars­i per imparare a tacere, per imparare a parlare, con l’andare degli anni… diventa fastidioso per gli altri » .

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