Un uomo in ascensore guarda la montagna che deve sfidare
Un uomo è di spalle dentro un ascensore di vetro, di fronte a lui scorre una montagna minacciosa. Il vuoto, la sfida più grande che deve affrontare, cresce come un effetto ottico, amplificando la sua paura. Più il giovane sale verso l’alto e più gli tornano alla mente i ricordi: un amore incondizionato per lo sport, la sfiducia della gente nelle sue capacità, le incomprensioni di suo padre, l’ala protettrice e amorevole della madre. Le persone in fondo alla valle diventano sempre più piccole, sono dei punti colorati che guardano verso di lui in attesa di un’impresa impossibile o della sua definitiva sconfitta. Forse questa volta ha preteso troppo da se stesso: è troppo grande il sogno che sta perseguendo. L’ascensore sembra non giungere mai a destinazione, prolungando l’attesa e il suo peregrinare per i cattivi pensieri: quanta amarezza e dolore fisico. La macchina da presa ora indugia sul primissimo piano del protagonista, è incollata al suo viso, alla sua smorfia di tensione, ai suoi occhiali troppo larghi da ragazzo disadattato. Inforca un casco d’altri tempi e si sistema la visiera, ripassando i pochi dettami confusi di un maestro non molto incline all’insegnamento e più portato all’oblio del bere. Uno scossone ci dice che il suo tragitto è terminato, che è il momento della verità. Ora rimane solo la follia ad infondergli coraggio e a guidarlo verso la leggenda.