Roberta Scorranese
Scrittore da record, ex bancario, che qui si racconta
Napoli, qualche settimana fa. Maurizio de Giovanni va a comprare i giornali in un’edicola. Una donna gli si para davanti con fare minaccioso, lo guarda negli occhi e gli fa: « Ma lei sa quanti anni ho? Ne ho ottanta! E a ottant’anni le pare che posso aspettare mesi per leggere uno dei suoi nuovi romanzi? Si sbrighi! » . Qualche giorno prima, lo stesso edicolante, nel porgergli la mazzetta dei quotidiani, lo aveva apostrofato, scherzando ma mica tanto: « Eccolo, lo scrittore legge invece di scrivere. E noi qua a aspettare » . La popolarità di questo autore napoletano da 110 mila copie a libro ha un’unità di misura molto particolare: il suo commissario Ricciardi, protagonista di un ciclo di nove romanzi ( oggi pubblicati da Einaudi Stile Libero), sembra vivo. Anzi, è vivo a Napoli, dove la gente chiede di lui, spinge affinché si fidanzi una buona volta con Enrica ( la donna che lo ama in segreto da anni), ha un proprio tavolo riservato al Gambrinus, lo storico caffè in piazza del Plebiscito. E forse non potrebbe essere altrimenti: Napoli è una delle pochissime città dove i morti sono vivi. Dove il miracolo di san Gennaro, le donne che vanno ad accarezzare gli scheletri al cimitero delle Fontanelle e i sotterranei che conservano intatto ciò che è stato, cuciono insieme l’universo dei viventi e quello dei trapassati. La città dove Ricciardi, che vive al tempo del fascismo, si avvicina a ogni delitto con un dolore aguzzato da un potere sensoriale: sente le voci dei morti. Ascolta quelli che non ci sono più, ci parla. « A Napoli c’è una curiosa dimestichezza con l’aldilà e c’è un’ironia nella morte che ho ritrovato solo nell’America del Sud » , osserva de Giovanni, seduto al tavolo di un hotel di Biella. Perché Biella? Perché è una delle tappe del tour che lo ha portato da Nord a Sud per presentare Serenata senza nome, l’ultimo romanzo con il commissario.
«Non sono un intellettuale». Un romanzo sulla perdita, sul non- tempo. C’è Vinnie Sannino, un ragazzo emigrato all’inizio del secolo scorso e che in America ha fatto fortuna come pugile. Ma che non ha mai dimenticato Cettina, la quasi- bambina che ha salutato a Napoli e