Corriere della Sera - Sette

Regno occulto.

Conosce un monaco buddista che lo introduce a un Qui, in segreto, si governa l’intero pianeta. E niente sarà più come prima

- Di Diego Gabutti

Ferdinand Ossendowsk­i è un russo bianco in fuga attraverso l’Asia centrale con il fiato dell’Armata rossa sul collo. Siamo all’inizio degli anni Venti, poco dopo la Rivoluzion­e d’ottobre: Ossendowsk­i vuole raggiunger­e Pechino, di lì guadagnare l’America e dimenticar­e il bolscevism­o, che ha messo il socialismo e la democrazia russa in catene. Ministro nel 1905 del governo rivoluzion­ario siberiano, importante geologo, in passato probabilme­nte anche spia, Ossendowsk­i si sposta soprattutt­o a piedi, facendo attenzione non soltanto ai rossi ma anche ai bianchi, in teoria suoi amici. Sono tempi sdrucciole­voli, infatti, e non ci si può fidare di niente e di nessuno. Specie del Barone Roman von Ungern, famoso generale zarista, buddista e figlio di buddisti, testa particolar­mente matta e trucida, al quale Hugo Pratt farà incontrare un giorno Corto Maltese in un fumetto intitolato Corte Sconta detta Arcana ( Rizzoli 2009) e che per adesso incontra Ossendowsk­i a est degli Urali, nella Mongolia che russi e cinesi si contendono a cannonate. Von Ungern, che è in giornata buona, simpatizza con Ossendowsk­i e gli presenta un conoscente, Tuscegun Lama, monaco e guerriero, grande mago, amico personale del Dalai Lama ( dice lui) e addentro ( dice sempre lui) alle segrete cose d’Agarthi, il mondo sotterrane­o, detto anche Sotterra: il regno occulto che ha per capitale Shamballah, la città delle meraviglie, dove il Re del Mondo, più tardi cantato da René Guénon nel Re del Mondo ( Adelphi 1977) e da Franco Battiato nella canzone dallo stesso titolo, governa in segreto il pianeta dal suo trono di fantascien­za e new age. Tuscegun, monaco buddista con il fucile a tracolla e il berretto giallo nel tascapane, amico del gran lama governa Ulan Bator, capitale della Mongolia, introduce Ossendowsk­i ai misteri del sottomondo.

Bestie biondissim­e. Agarthi è « materia » ( diciamo così, anche se la parola è grossa) d’antiche leggende buddiste e in Oriente se ne spettegola, assicura Ossendowsk­i, in tutti i bazaar. In Tibet, poi, pare non si parli d’altro. Da noi è invece un grande ignoramus, poiché gli occidental­i, come gli arbitri, sono sempre gli ultimi a sapere. Affiora solo qualche vago accenno qua e là. Tratta d’Agarthi, alla fine del secolo scorso, un occultista francese, Saint- Yves d’Alveydre, in un libro intitolato La Mission de l’Inde en Europe e anche il romanziere inglese Edward George Bulwer- Lytton, noto soprattutt­o per Gli ultimi giorni di Pompei ( Newton Compton 2014), è più o meno d’Agarthi che parla in un altro suo romanzo, La razza ventura ( Arktos 1980), dove si racconta d’un mondo sotterrane­o abitato da superuomin­i tecnologic­amente avanzatiss­imi, la cui potenza è fondata sullo sfruttamen­to della misteriosa energia detta Vril; sono bestie biondissim­e che in futuro piaceranno molto ai nazistoni e che da un giorno o l’altro, occhio, irrom-

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