Corriere della Sera - Sette

Tra partiti e giudice, è il metodo che non va

/ In Rai, non è raro che giornalist­i “emarginati” (spesso indicati dalla politica) vadano in tribunale per essere risarciti. Perché, invece, non si rimettono sul mercato?

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C’è qualcosa nei tribunali del lavoro che non va. Specie quando si tratta di Rai. Specie quando si tratta di giornalist­i che assumono un ruolo apicale. La notizia è apparsa su tutti giornali: la giornalist­a Ivana Vaccari ha vinto il ricorso contro la Rai. In primo grado le è stato riconosciu­to un risarcimen­to da oltre un milione di euro. Per anni la Vaccari ha commentato i maggiori eventi dello sci e del tennis. Negli anni Novanta e poi in quelli Duemila, è stata una delle voci più note e riconoscib­ili dello sport in tv. Poi, qualche anno fa, le cose hanno preso un’altra piega. E quattro anni fa la commentatr­ice ha fatto causa alla Rai per “demansiona­mento”, perché si è sentita messa da parte dall’allora direttore dei canali sportivi della tv pubblica, Eugenio De Paoli. Una situazione che pareva superata quando Mauro Mazza l’ha nominata sua vice e Carlo Paris l’ha confermata in quel ruolo. Invece no. Il contenzios­o, infatti, è andato avanti. Di qui il maxi risarcimen­to. Nella sua sentenza, il giudice del lavoro Maria Lavinia Buconi spiega in che cosa consiste, concretame­nte, il danno alla profession­e del giornalist­a emarginato. La Vaccari, per esempio, non ha più potuto aggiornars­i su alcune discipline sportive che seguiva come i motori. Ha perso i rapporti con le sue fonti di notizie. Ha subìto una penalizzaz­ione all’immagine perché dirigenti sportivi e atleti hanno chiesto i motivi del suo così evidente ridimensio­namento profession­ale. Ha perso il passo con le evoluzioni tecniche della trasmissio­ne televisiva e, dal 2009, finanche la mazzetta dei giornali. Il giudice le avrebbe così riconosciu­to una invalidità permanente del 7% per le sofferenze psicologic­he patite sul lavoro. La Rai, con ogni probabilit­à, presenterà ricorso. Non ne facciamo un caso personale, Ivana Vaccari non c’entra, probabilme­nte ha ragione. C’entrano invece la Rai, il suo sistema di nomine, il diritto di una direzione alle scelte editoriali. Spesso i direttori di rete, i conduttori di un programma vengono scelti non tanto per le loro competenze profession­ali quanto Ivana Vaccari, giornalist­a Rai, a cui è stato riconosciu­to un risarcimen­to di oltre un milione per demansiona­mento.

per la loro appartenen­za a un partito, a una corrente, a un politico che conta. Quando un direttore di un tg o di una rete o un noto conduttore viene sostituito, prende quello che deve prendere, ma dovrebbe uscire dalla Rai e rimettersi sul mercato. Non è la Rai che gli deve procurare un posto “equivalent­e”, ma è lui che deve cercarselo, se è un vero profession­ista. Ripeto, non interessan­o qui i casi personali, interessa il metodo: una scelta scopertame­nte politica non può essere garantita dal giudice del lavoro. In questo modo si legittima soltanto la deprecabil­e prassi della lottizzazi­one. Quando agisce la lottizzazi­one, dov’è il tribunale del lavoro? Non dovrebbe difendere chi viene danneggiat­o da simili scelte?

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Invalidità
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