Corriere della Sera - Sette

La lezione del terrorismo contro il terrore

/ Di fronte alla minaccia dell’islam radicale non bisogna cedere alla paura, ma reagire insieme, come fece l’Italia al funerale di Aldo Moro

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L’assalto terroristi­co alla chiesa di Saint- Etienne, vicino a Rouen, e l’uccisione dell’ottuagenar­io padre Jacques Hamel hanno scosso le coscienze. Ci sono stati attentati ancora più cruenti di questo nei mesi scorsi, ma quello di Rouen ha mostrato un terrorismo islamista senza senso e disegno politico se non far mostra di crudeltà e generare paura. Ha mostrato un’idea di religione che, in nome del culto della violenza, calpesta le dimensioni religiose della vita. I terroristi vogliono far crescere tra noi la diffidenza verso tutti i musulmani, configuran­do uno scontro tra Occidente e islam. In questa prospettiv­a il “califfato” si propone come guida dell’intero mondo islamico. È stato il disegno di Al Qaeda. Oggi è del “califfato”, che utilizza un’abile propaganda mediatica per terrorizza­re e attirare adepti o farne terroristi in Europa. Il terrorismo è terribile; ma non è la guerra. In Italia, per lunghi anni, abbiamo vissuto la sfida quotidiana del terrorismo sia delle Br che di estrema destra: cadevano politici, magistrati, forze dell’ordine, giornalist­i, militanti, gente comune. Ma l’abbiamo vinto con l’azione delle forze dell’ordine e la mobilitazi­one del Paese. Ricordo il funerale di Aldo Moro a San Giovanni in Laterano, nel maggio 1978, con la grande piazza antistante la basilica piena di migliaia e migliaia di persone con bandiere – in prevalenza – rosse e bianche. Era la risposta della società civile che, allora, era quella della Repubblica dei partiti, come diceva lo storico Pietro Scoppola. Oggi quel mondo è finito. C’è un’altra sfida terroristi­ca più temibile. Come risponde la società? È una grande questione, perché non basta rifugiarsi nella paura. Domenica 2 agosto, dopo l’attacco a Rouen, c’è stata una risposta importante: i musulmani francesi e italiani hanno chiesto di partecipar­e alla messa domenicale per dare solidariet­à ai cattolici. Hanno evidenziat­o il loro rifiuto del terrorismo islamista ( le autorità musulmane hanno negato la sepoltura religiosa ai terroristi). Hanno mostrato vicinanza ai cattolici: c’è un destino comune. Come abbiamo scritto quando ci furono attentati alle sinagoghe, quando si tocca la sinagoga, si colpiscono anche la moschea e la chiesa. Non ci sono differenze in queste circostanz­e. I cattolici hanno accolto con simpatia i musulmani. I vescovi italiani, a partire dal presidente, card. Bagnasco, hanno ben accolto le visite dei musulmani. In Italia si parla di migliaia di musulmani nella messe domenicali. Non pochi. È un gesto educativo per le comunità islamiche e gli altri credenti. Non c’è stata l’unanimità, anche per le diverse sfumature della comunità musulmana sunnita che non ha una gerarchia, ma è comunque un forte movimento di solidariet­à. La decisa condanna dell’atto terroristi­co da parte dell’autorevole Università di Al- Azhar, al Cairo, ha confortato i musulmani. Perché questo gesto tempestivo in Francia e Italia, non in altri paesi europei? Nonostante la presenza di islamisti radicali in Francia, qui si è sviluppato molto il dialogo islamo- cristiano, come mostra la vita di padre Jacques. Così in Italia. E poi mi sembra che le comunità musulmane, anche nella vicinanza con i cristiani, abbiano appreso di più il linguaggio della nostra società. Bisogna però che la solidariet­à si allarghi al rapporto tra comunità musulmane e ebraiche. Il rabbino capo di Roma, Di Segni, e il presidente della comunità, Pacifici, qualche anno fa, visitarono la grande moschea della capitale, sperando di essere ricambiati. Le nostre società non possono restare inermi o divise di fronte al terrorismo. Le religioni hanno una grande responsabi­lità nella tenuta sociale in un tempo così duro, mostrandos­i prossime tra loro e integrando il più possibile nel senso di un destino comune.

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