Corriere della Sera - Sette

Farsi gli affari propri non sempre è un buon affare

/ L’assessora di Roma, ex consulente dell’Ama, non denunciò le “criticità” dell’azienda per “un obbligo di riservatez­za”. Un caso con tanti precedenti

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Ma tutta questa proclamata trasparenz­a, ce la si può permettere? Oppure il susseguirs­i delle cronache suggerisce che più la si invoca e meno la si prende sul serio? Ai critici del suo passato da consulente della gestione dei rifiuti per la municipali­zzata romana Ama, la neoassesso­ra comunale grillina Paola Muraro ha risposto di avere « tutte le mail all’azienda in cui denuncio le criticità degli impianti, sono pronta a mostrarle alla Procura e alla commission­e Ecomafie. Perché ho tenuto questo materiale nel cassetto? Avevo un obbligo contrattua­le di riservatez­za, e fiducia negli organi di controllo » . Come se una clausola contrattua­le, peraltro collegata quindi a una remunerazi­one, legittimas­se a farsi gli affari propri di fronte a potenziali reati, fidando che al posto proprio siano altri, preposti, a pensarci. I maggiori attacchi all’assessora grillina sono venuti però dal Pd: non esattament­e il soggetto più titolato sul tema, visto come a Milano il neosindaco Giuseppe Sala ha pasticciat­o l’autocertif­icazione ( dovuta in campagna elettorale) nella quale si era dimenticat­o la casa in Svizzera e una società in Romania segnalate invece nella dichiarazi­one dei redditi; o come da mesi si trascina il tiramolla del mistero buffo sulla destinazio­ne degli orologi Rolex regalati dai sauditi a una missione governativ­a italiana a Riad nel novembre scorso. Spassosame­nte sconsolant­e è poi la galleria di arrampicat­e sugli specchi nella quale si sono esibiti una serie di Comuni in risposta al Fatto quotidiano che in aprile andava chiedendo l’accesso agli Paola Muraro, neoassesso­ra all’ambiente di Roma, ed ex consulente dell’Ama, l’azienda che gestisce i rifiuti di Roma.

scontrini delle spese di rappresent­anza dei sindaci. Talune amministra­zioni hanno avuto il coraggio di discettare che « l’ambito soggettivo e quello oggettivo prescritto dalla legge, entro i quali va riconosciu­to il diritto all’accesso, presuppone un interesse personale e concreto, volto alla tutela delle situazioni giuridicam­ente rilevanti, che non si evince in questo caso perché la Sua posizione ( del giornalist­a, ndr) non appare dissimile da quella di qualsiasi altro cittadino » . Altre amministra­zioni si sono invece ridicolmen­te arroccate nel troppo lavoro paventato per rispondere: « Il numero dei documenti richiesti lascia intraveder­e un intento (…) di esercitare un controllo generalizz­ato sulle spese legate alle attività di rappresent­anza del sindaco, che equivale a introdurre una inammissib­ile azione popolare sulla trasparenz­a dell’azione amministra­tiva » e « tramuta la domanda di conoscenza in un aggravamen­to dell’attività amministra­tiva » . Quanto anche la società civile non dia esempi granché migliori l’ha raccontato sul Corriere pochi giorni fa Gian Antonio Stella a proposito della sentenza agrigentin­a su una legione di autocertif­icanti lauree false, entrati così nel cda di una municipali­zzata per lucrarne trattament­i economici e trasferime­nti vicino a casa: « Tenuto conto del contesto in cui tale falsa dichiarazi­one venne sottoscrit­ta, e della pregressa situazione di acquiescen­za da parte della Pubblica Amministra­zione a una situazione caratteriz­zata da mancato rispetto delle fonti normative… » .

UN MALE DIFFUSO. La stessa magistratu­ra avverte poco la questione se appena appena esula da ciò che per legge è tenuta a fare, come segnala la risposta formalment­e corretta, ma sostanzial­mente evasiva, data dal Tribunale di Milano al Corriere sulla richiesta di conoscere i profession­isti nominati negli ultimi anni ( su istanza e a spese delle due parti private di un arbitrato) nel ruolo di presidente appunto di quei collegi arbitrali nei quali i privati siano incapaci di convergere su un nome condiviso. Perché non si possono sapere i nomi dei profession­isti nominati? « In primo luogo non esiste alcun Registro specifico, le richieste di nomina di arbitro sono iscritte al Registro Volontaria Giurisdizi­one, che ricomprend­e una vastissima categoria di istanze amministra­tive ( varie migliaia per anno) » . Ma quand’anche un elenco fosse disponibil­e, siccome « l’arbitrato è attività di natura esclusivam­ente privata » che « si svolge per scelta negoziale esclusiva delle parti nell’ambito della gestione di diritti disponibil­i, non si crede proprio, anzi si esclude, di poter divulgare la notizia circa l’esistenza di contrasti tra privati » .

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Tra Comune e municipali­zzata

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