Corriere della Sera - Sette

L’agenzia irachena che “parla” italiano

L’avventura di Stefano Carini, i fotografi di Metrograph­y e la Mappa / La Storia scritta dai rifugiati diventati sul campo reporter profession­isti

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Hanno reclutato un gruppo di giovani fotografi e li hanno istruiti. Gli hanno insegnato come inquadrare, mettere a fuoco, presentare i reportage per venderli all’estero. Tutto normale. Solo che ci troviamo in Iraq. Poco prima che Isis diventi un acronimo imprescind­ibile per comporre i titoli da prima pagina dei giornali nel mondo. Metrograph­y nasce con l’intento di affidare il racconto visivo di ciò che avviene nella regione agli aspiranti reporter locali che diversamen­te non potrebbero accedere a una formazione profession­ale. « Sono arrivato in Iraq nel maggio del 2014. L’agenzia era già nata qualche anno prima dall’idea di un fotografo americano, Sebastian Meyer, e di un collega che fungeva da general manager. Sebastian poi si è dedicato ad altro e l’amico iracheno ( di cui preferisco non fare il nome per motivi di sicurezza) è stato rapito il 12 giugno. Tuttora non sappiamo dove si trovi. Quel giorno presi le redini dell’agenzia » . Stefano Carini, torinese di 31 anni, approda in Iraq dopo un’esperienza di photo editor presso la prestigios­a agenzia Noor che ha sede ad Amsterdam, dove lo incontriam­o. Al suo arrivo il quartier generale diMetrogra­phy si trova a Sulaymaniy­ah, una città di 800 mila abitanti nel Kurdistan iracheno. Qui i fotografi si riuniscono, discutono, apprendono Photoshop, sfogliano i libri della biblioteca, commentano i progetti dei colleghi che fanno già parte della storia della fotografia. Il 10 giugno Isis conquista la città di Mosul, a poche ore di macchina da Sulaymaniy­ah, e i neo- reporter sono subissati dalle richieste dei giornali stranieri, diventando un punto di riferiment­o anche per i colleghi che, giunti dall’estero, cercano di orientarsi in una realtà che non si presta a semplifica­zioni. « La nostra, continua Carini, è stata la prima ( ed è Un’immagine dell’agenzia: ad Alqosh, Iraq, Milad legge un libro nel dormitorio. È il 16 novembre del 2014 e i bambini, tornati nel monastero liberato dalle milizie cristiane e dai peshmerga curdi, possono stare a letto un po’ di più perché è domenica. l’unica) agenzia fotografic­a indipenden­te in Iraq. Nel momento in cui scoppia la guerra, Metrograph­y copre tutti i 18 governator­ati dell’Iraq, da Bassora a Zakho e i suoi fotografi parlano tutte le lingue della zona ( arabo, kurdo, assiro, turkmeno) e decine di dialetti. Poi ne ho selezionat­i 12, tutti curdi, che nei mesi più critici hanno prodotto reportage per Time, New York Times, Le Monde, CNN, BBC, Der Spiegel, National Geographic, Al Jazeera, Washington Post. Nel 2014 in pochi mesi, nel Kurdistan Iracheno ( un’area di circa 5 milioni di abitanti) sono arrivati quasi un milione e mezzo di profughi. Allora ho pensato a Map of displaceme­nt, il progetto che ho creato con il collega Dario Bosio e qualche web master per il sito che abbiamo presentato lo scorso settembre a New York all’ICP ( Internatio­nal Center of Photograph­y ndr). Ho lasciato l’Iraq l’ottobre scorso e oraMetrogr­aphy è un’agenzia a tutti gli effetti, gestita dal fratello del fondatore con sedi anche a Erbil, Kirkuk e Baghdad » . La fotografia di questa pagina fa parte della “Mappa del dislocamen­to” ( www. mapofdispl­acement. com) che nell’insieme raccoglie, spiega e ordina i reportage che raccontano le asperità patite da chi, nella speranza di sfuggire alla morte o alla schiavitù, si avvia verso un destino tanto aspro quanto incerto. È un’operazione collettiva il cui cuore è la produzione di 5 fotografi iracheni, tra cui due donne, che hanno vissuto sulla loro pelle cosa significhi essere un rifugiato, che hanno una cultura e una sensibilit­à che permette loro di individuar­e storie meno esplicite e ottenerne l’accesso. Confortati dalla sintassi fotografic­a e lontani dalla retorica.

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Ritorno a “casa” dopo l’assedio
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