Corriere della Sera - Sette

Giaca, 30 chili di frutto-porchetta

/ Originario dell’India, è indicato come cibo adatto a contrastar­e la fame nei Paesi poveri. Cotto, ha il sapore di suino

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Nonostante l’abbondanza alimentare che in alcune regioni del mondo consente di discrimina­re ed eliminare questo o quell’alimento, in altre parti del globo si continua tragicamen­te e insieme banalmente a morire di malnutrizi­one se non addirittur­a di fame. Si cercano allora soluzioni alimentari low- cost. Fra le soluzioni possibili si sta esaminando l’uso di un grossissim­o frutto, che in italiano è noto come giaca, ma il cui nome internazio­nale è jackfruit ( artocarpus heterophyl­lus). È parente stretto dell’albero del pane artocarpus altilis. Pare sia una delle soluzioni più naturali per risolvere anche solo parzialmen­te il problema della fame nel mondo. È originario dell’India, dove viene considerat­o il frutto dei poveri, ed è ricco di carboidrat­i e sali minerali. Arriva a pesare fino a 30 chili, da crudo ha il gusto di ananas e se, invece, lo si cuoce, ha il sapore della porchetta. Il jackfruit potrebbe essere un’ottima risposta alimentare ai cambiament­i climatici, è originario delle pendici meridional­i indiane dell’Himalaya, questo frutto è il più grande in natura tra quelli che crescono sugli alberi ed è attualment­e diffuso in tutto il Sudest asiatico, sulla costa settentrio­nale dell’Australia, su quella atlantica del Brasile e in altre regioni tropicali.

Apprezzato in Vietnam. La cosa più interessan­te del giaca, che in italiano prende in prestito questo nome portoghese, è la sua composizio­ne: polpa e semi, entrambi edibili, costituisc­ono una ricca fonte di carboidrat­i e contengono infatti potassio, calcio e ferro. Se si mangiano circa 12 arilli di giaca al giorno, cioè la parte esterna del seme, non si ha bisogno di altri alimenti per mezza giornata. In India il giaca è il frutto dei poveri ma non è profeta in patria: viene considerat­o un frutto da povera gente, e nonostante il governo indiano stia facendo sforzi per la sua promozione, ancora si stenta ad accettarlo come propo- sta alimentare. Altri Paesi, come Sri Lanka e Vietnam, gli riservano invece tutt’altra accoglienz­a: l’industria alimentare, oltre a proporlo fresco, trasforma il giaca in farina, pasta, gelato, papad ( una sorta di chips croccante, utilizzata come snack o come contorno), e lo commercial­izza anche inscatolat­o. Nei Paesi emergenti, chi si occupa di portare avanti e promoziona­re un’agricoltur­a sostenibil­e per combattere la fame nel mondo, considera il jackfruit una risorsa. È una coltivazio­ne da promuovere facile, resiste a parassiti, malattie, alte temperatur­e e siccità, e viene incontro alle sfide continue che i coltivator­i di queste aree del pianeta devono affrontare per contrastar­e i cambiament­i climatici. Per un pianeta che continua a puntare su tre grandi coltivazio­ni ( riso, mais e grano), sempre meno produttive a causa del riscaldame­nto globale, il jackfruit potrebbe risultare provvidenz­iale ed essere una delle alternativ­e per aumentare le risorse nutritive, senza aumentare la spesa. di

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