Sicilia desaparecida
L’isola non è mai stata tanto rappresentata nella politica e nella letteratura. Eppure il declino viene quasi dato per scontato
Pensate a una regione che esprime il presidente della Repubblica, il presidente del Senato – vale a dire le prime due cariche dello Stato –, il ministro dell’Interno, lo scrittore più noto, venduto, amato. Viene da credere che si tratti di una regione centrale, di cui ci si occupa, di cui si parla e si scrive molto. La Sicilia è invece desaparecida. Quasi data per persa. È la quinta degli sbarchi dei migranti. È l’isola di Montalbano. È quasi un non- luogo. Ogni tanto si ridiscute del ponte sullo Stretto, e subito si leva il coro: prima bisogna fare le strade! Prima bisogna fare le ferrovie! Intanto le strade non ci sono, le ferrovie neppure ( ormai in treno dalla Sicilia a Roma o a Milano non si va quasi più), e men che meno il ponte. È dagli anni 50 che si fanno carotaggi e studi di fattibilità; con tutti i soldi pubblici spesi, il ponte dovrebbe già essere lì. I due presidenti del centrodestra, Salvatore Cuffaro e Raffaele Lombardo, sono stati uno in galera, l’altro condannato a 6 anni e 8 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa. Rosario Crocetta è stato un’unanime delusione. I sindaci delle due grandi città sono gli stessi di vent’anni fa, ora forse Orlando si candiderà alla Regione, che pare destinata ai 5 Stelle. Vedremo cosa sapranno fare. La disoccupazione giovanile è al 56 per cento. Oltre un ragazzo su due non ha lavoro. Certo molti lavorano in nero, ma senza contributi, senza garanzie. Il potenziale di sviluppo è enorme; ma i voli diretti per il Nord Europa diminuiscono invece di crescere, isole non altrettanto belle come le Baleari o le Canarie atti- Lo scrittore siciliano Andrea Camilleri, 90 anni. rano un numero di turisti undici volte superiore. E questo accade, ripeto, non in una terra laterale, periferica, sperduta, ma in una regione che concorre a definire l’identità italiana con una forza tale che, per dire, la letteratura del 900 è praticamente fatta da siciliani: Verga, De Roberto, Pirandello, Vittorini, Sciascia, Tomasi di Lampedusa, Brancati, Bufalino, Consolo, sino appunto a Camilleri. Ci dobbiamo rassegnare? Mi pare davvero impossibile. cuino pieno di note, un’infinità di gente incontrata. Una mappa sentimentale. Con le immagini che hanno emozionato l’autore, i cibi che lo hanno incuriosito. Sensazioni che appartengono a cose viste, desiderate; qualche volta anche vissute. Le destinazioni che giornali come Anna, Qui Touring, Cucina e Vini, Gente Viaggi, La Madia, Dove, Pleinair hanno proposto a Giacomo Pilati sono nate da questo incontro. Da un lato la necessità di raccontare un posto per le pagine del turismo, dall’altro il desiderio di ritrovarsi in luoghi mai visti con persone mai incontrate, di assaggiare piatti mai mangiati, provare vini mai bevuti. Le mete narrate non fanno parte di alcun itinerario ragionato, sono i viaggi che lo scrittore ha compiuto: « Perché volevo vedere Amalfi, Taormina, Trieste, il promontorio del Conero. Perché volevo incontrare i butteri maremmani e perdermi fra i vicoli di Viterbo » . Così scrive Pilati in Morsi d’Italia ( Tarka editore).