Poligamia & ipocrisia
La dichiarazione a favore dell’unione di un uomo con più donne ha provocato giusta indignazione. Se poi facessimo seguire il ragionamento scopriremmo che...
Unanime indignazione ha provocato una recente dichiarazione a favore della poligamia di Hamza Roberto Piccardo, musulmano e fondatore dell’Unione delle comunità islamiche italiane ( dunque non un fondamentalista, ma anzi uno dei punti di riferimento “moderati” del dialogo culturale e religioso). Nessuno ha accettato il sillogismo proposto dal signor Piccardo: se le unioni civili tra omosessuali sono un diritto civile, lo è anche l’unione tra un uomo e più donne, la quale in più presenterebbe anche il vantaggio di una più efficace “azione demografica per riequilibrare in parte il calo e la conseguente necessità di mano d’opera straniera”. Vale da dire che con più mogli si fanno più figli e così servono meno immigrati: una logica di ferro. Ha fatto eccezione il solo Vittorio Sgarbi, cui la poligamia garba - si sa - sotto forma di poliginia ( un uomo con più donne); ma che per renderla più “moderna” e spigliata accetterebbe volentieri anche la poliandria ( una donna con più uomini). L’indignazione, eccentricità a parte, è giustificata. La poligamia si basa sulla impari dignità tra marito e moglie, e infatti è vietata dal nostro ordinamento. Ma alla indignazione dovremmo far seguire il ragionamento. Se lo facessimo, scopriremmo almeno un paio di ipocrisie che si nascondono sotto ogni discorso politicamente corretto su come risolvere i problemi della convivenza multireligiosa nelle nostre società, particolarmente nel caso dell’Islam. La prima ipocrisia. Diciamo spesso che Hamza Roberto Piccardo, fondatore dell’Unione delle comunità islamiche italiane. la chiave di un rapporto armonico tra le comunità è l’integrazione. E per integrazione intendiamo il rispetto delle nostre leggi da parte di chi viene a vivere in Italia, qualsiasi sia la cultura da cui proviene. Ma il rispetto delle leggi, che pure è condizione necessaria, non è sufficiente. Il signor Piccardo rispetta le leggi in materia di poligamia, né incita a violarle. Ma ciò nonostante non condivide i valori che sono alla base di quella legge. È questo il problema dell’integrazione dei musulmani nelle nostre società, che infatti non c’è. E temo che per quanto noi possiamo fare, in termini di apertura e di dialogo, spetti a loro compiere i passi decisivi. Che consistono nell’avvio di un grande movimento di riforma dell’Islam, per mettere al centro una lettura critica e libera delle sacre scritture, capace di produrre la stessa spinta di cambiamento e modernizzazione che la riforma protestante introdusse nel Cristianesimo. Finché un musulmano colto e intelligente come Piccardo non penserà che la poligamia è un male per la donna, resterà difficile intendersi. La seconda ipocrisia. Anche a volersi limitare alla richiesta del rispetto delle leggi, lo Stato italiano deve anche verificarlo? Per difendere la dignità delle donne islamiche che vivono da noi, insomma, bisogna anche controllare attivamente che il reato di poligamia non sia commesso? La questione non è affatto irrilevante. Rispondere sì comporterebbe infatti che le forze dell’ordine e le procure verificassero nei quartieri islamici delle nostre città che nelle case private non si vivano situazioni di poligamia nascosta. Rispondere no significherebbe invece accettare quella forma di malintesa tolleranza spacciata per multiculturalismo secondo la quale ognuno fa ciò che vuole a casa sua, e chi se ne importa dei diritti universali di uomini e donne. Indigniamoci dunque pure, e con ragione, per il suggerimento del signor Piccardo. Ma domandiamoci anche quanto più impegnativo e rischioso, ma indispensabile, sia trarre le conseguenze della nostra indignazione, e avviare una battaglia culturale basata sui nostri valori non negoziabili.