La guerra inesistente
I separatisti dell’exclave ricca di greggio uccidono. Ma tutti fanno finta di niente
Più di 40 morti e molti feriti: niente autobombe o attentati kamikaze, però. Quella in atto nella provincia angolana del Cabinda è una delle diverse guerre a bassa intensità del continente africano di cui nulla – o quasi – sappiamo. Qui, a far scorrere il sangue, soprattutto di soldati, è un gruppo separatista, il Fronte di Liberazione dell’Enclave di Cabinda, appunto, che vuole l’indipendenza di un territorio che in realtà è un’exclave che si trova all’esterno dei confini dell’Angola, e che confina a Nord con la Repubblica del Congo e a Sud-Est con quella Democratica del Congo. Soprattutto, è importantissima per l’ex colonia portoghese perché pesa per più di metà della produzione di petrolio del Paese che, nonostante il crollo del prezzo del barile, rappresenta il 45% dell’economia di Luanda. E già, perché alla fine, quando c’è qualcuno che vuole il separatismo, c’è sempre di mezzo una ricchezza: in questo caso, oro nero. La lotta del Flec si è accesa negli ultimi mesi dopo la morte, in esilio in Francia, dell’anziano leader del movimento, l’88enne Nzita Tiago. Chi ha preso il suo posto, evidentemente, ha deciso di alzare il tiro: non a caso, dopo l’ultimo attacco il Fronte ha anche rivolto un messaggio al governo cinese – non un nemico qualunque, insomma – “suggerendogli” di rimpatriare tutti i lavoratori di società pubbliche e private, impegnati nell’industria petrolifera, minacciati in quanto considerati una “provocazione”. In effetti, in Angola come e più che in altri Paesi africani, è pesante la presenza di società cinesi con i propri lavoratori che sostituiscono in massa quelli locali. Pochi giorni fa, peraltro, il governo angolano ha anche annunciato di voler investire un miliardo di euro in gran parte sul porto e sul terminal dei traghetti di Cabinda. Ma sulla “guerra separatista” Luanda non risponde. Del resto, nonostante le violenze, ancora all’inizio dell’estate la governatora dell’exclave, Aldina Matilde Barros Da Lomba, aveva detto: non esiste nessun conflitto armato nella regione.