Con troppa acidità diventiamo silenziosi
Piaceri&Saperi Tosse, bisogno di schiarirsi spesso la voce, sensazione di nodo in gola. Attenti alla quantità e al pH del reflusso
Si può perdere la voce per troppa “acidità”? Siamo nella categoria “strano ma vero”, ma è proprio vero. Pare addirittura che un caso su due di disfonia ( abbassamento, o alterazione della voce) sia dovuto ai danni causati dal reflusso di materiale acido dallo stomaco fino alle corde vocali. Non si tratta del comune reflusso gastroesofageo, ormai ben noto, che consiste nel passaggio di secrezioni acide dallo stomaco all’esofago, bensì di reflusso laringofaringeo. Nel reflusso gastroesofageo la risalita del materiale acido è dovuta alla insufficiente tenuta dello sfintere “basso” dell’esofago ( quello che lo separa dallo stomaco) nel reflusso laringofaringeo la cattiva tenuta è quella dello sfintere esofageo superiore. Le due condizioni possono essere associate, ma non necessariamente. Alcuni studi hanno rilevato che solo un quarto circa di chi soffre di reflusso laringofaringeo ha anche un’infiammazione dell’esofago ( esofagite) causata da reflusso gastroesofageo. Ciò che accomuna i due fenomeni è però la presenza di “succhi” acidi in sedi in cui non dovrebbero essere presenti, dove i tessuti non sono quindi “attrezzati” per tollerarli. Insomma si tratta proprio di “un’acidità fuori luogo”, che quindi può fare danni ( e non perché renda bisbetici). I disturbi più tipici del reflusso laringofaringeo sono il bisogno di schiarirsi spesso la voce, la sensazione di nodo in gola, le alterazioni della voce e la tosse. In alcuni casi sono presenti tutti insieme, altre volte invece ce ne sono solo alcuni e anche l’intensità varia da caso a caso. Altra caratteristica è che i sintomi si presentano a intermittenza, con periodi in cui sono praticamente assenti. La diagnosi in genere viene fatta con una normale visita da un medico o da uno specialista in otorinolaringoiatria, che potrà completare l’osservazione di faringe
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e laringe mediante un fibroscopio, esame che, fra l’altro, permette anche di escludere la presenza di lesioni tumorali. Solo in alcuni casi possono essere necessarie indagini più sofisticate, come la manometria esofagea e la pH- impedenziometria delle 24 ore. La manometria consiste nell’introduzione di una sonda attraverso il naso e la somministrazione di acqua in piccoli sorsi e permette di valutare se sono presenti anomalie della motilità dell’esofago. La pH- impedenziometria delle 24 ore prevede, invece, il posizionamento di un sondino piccolo e sottile che, passando attraverso il naso, arriva fino all’esofago ed è connesso a un palmare: il suo scopo è monitorare la quantità e il pH, cioè il grado di acidità, del materiale refluito. La cura non è però tanto diversa da quella del reflusso gastroesofageo. I farmaci più usati sono gli inibitori della pompa protonica, che vanno assunti per lunghi periodi due volte al giorno ( mattina e sera), in modo tale da coprire le 24 ore. Inutile aspettarsi risultati immediati: di solito ci vuole almeno un mese per riscontrare una riduzione dei sintomi. Per questo motivo, almeno durante i primi tre mesi, è altrettanto importante adottare alcuni accorgimenti nello stile di vita e nell’alimentazione ( evitare caffè, alcolici, cioccolato, agrumi, pomodori e altri cibi acidi). Il reflusso laringofaringeo non va trascurato, pena il rischio di alcune complicanze legate all’azione lesiva del materiale refluito, come, per esempio, ulcere, patologie polmonari, stenosi sotto le corde vocali, nei casi più gravi persino lo sviluppo di tumori.
Alcuni studi hannorilevato che soloun quartodi chi soffredi reflusso laringofaringeo haanche un’infiammazione dell’esofago