Cambiamo la Maturità. Se vogliamo salvarla
Si è concluso anche quest’anno il grande cimento dell’Esame di Stato. Come Commissario prima e ora come Presidente di Commissione d’esame con una esperienza pluriennale vorrei proporre una riflessione amara sull’esame di “Maturità”. Innanzitutto mi chiedo se l’esame ha un senso e se la risposta è affermativa allora questo tipo di esame, a mio parere, deve essere rivisto radicalmente. La sua struttura è tale che tutti o quasi tutti gli studenti sono diplomati senza possedere un’accettabile preparazione di base. A cominciare dalla prima prova scritta, quella di italiano, pur essendo le tracce diversificate, quella che viene prevalentemente scelta è la tipologia B articolata in ben quattro ambiti: artistico-letterario, tecnico-scientifico, socio-economico, storico-politico. Lo studente, se sceglie il saggio breve, si limita alla comprensione di di alcuni testi proposti e non argomenta con opportuni riferimenti alle sue conoscenze ed esperienze di studio, come è richiesto; peggio ancora se sceglie l’articolo di giornale dove non è richiesto alcun sapere e dunque tutti se la cavano se scrivono almeno correttamente. È questa una prova da rivedere per accertare le reali conoscenze dello studente. La terza prova scritta, escludendo la seconda, diversa da scuola a scuola, è quella, poi, che svela la profonda debolezza del sistema dell’esame. La sua articolazione, a cui la Commissione deve scrupolosamente attenersi, è già determinata dal Consiglio di classe che ha provveduto per tempo ad escludere alcune discipline e ad inserire quelle più gradite agli allievi. La correzione poi formalmente compete alla Commissione ma in realtà è svolta dai Commissari, tra i quali quelli interni, che hanno sempre un occhio benevolo. Sarebbe
Stefano Disegni
meglio che la terza prova fosse gestita direttamente dal Ministero, comunicando le materie previste, indirizzo per indirizzo, e avocando a sé la correzione e la conseguente valutazione, certo più obiettiva. Alle tre prove scritte segue il colloquio sulle discipline di studio dell’ultimo anno scolastico. Il candidato inizia da un suo lavoro personale, per lo più ripetitivo, non documentato, e solo quando egli espone con una certa correttezza e sicurezza, i Commissari allargano significativamente l’argomento con approfondimenti sui contenuti del programma svolto. Sarebbe utile che gli insegnanti ritornassero, come un tempo, ad interrogare subito sulle varie materie senza essere costretti ad ascoltare il più delle volte discorsi monotoni e superficiali. Il punto però dell’intero apparato dell’esame di Stato, riguarda il complesso meccanismo numerico della valutazione dell’esame. «Raccontiamo troppo noi stessi e poco i problemi reali». E un altro lettore si scandalizza per gli stipendi della Rai