Corriere della Sera - Sette

Il passato dei valdesi è prezioso per il futuro

/ Prima ostracizza­ti, hanno ricevuto i diritti civili solo nel 1848. Ora incarnano un legame tra evangelism­o, senso della libertà e impegno umanitario

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Afine agosto, in Italia c’è un avveniment­o religioso, cui non si presta troppa attenzione: il sinodo della Chiesa valdese e metodista. A Torre Pellice nelle Valli Valdesi, tra il 21 e il 26 agosto, accorrono ogni anno pastori e pastore assieme ai fedeli per una riunione che « esprime l’unità di tutta la Chiesa » , dicono i testi ufficiali. Torre Pellice, una “Ginevra Italiana” per De Amicis, quasi cinquemila abitanti, porta nell’architettu­ra l’impronta di una comunità che nell’Ottocento usciva dalla secolare ghettizzaz­ione: il tempio, le istituzion­i, il museo, le bibliotech­e…. Quella valdese è una ( dolorosa) storia italiana. Per secoli, quasi un millennio, i valdesi hanno rappresent­ato l’ “altro” di fronte ai cattolici italiani, che brutalment­e non tolleravan­o la loro diversità. Hanno ricevuto i diritti civili solo nel 1848 da Carlo Alberto e aderito con entusiasmo al Risorgimen­to come causa di libertà. Tuttavia, fino agli Anni 60 del XX secolo, sono stati visti con diffidenza dalla Chiesa cattolica, timorosa della “propaganda protestant­e”. Durante il fascismo, erano guardati come un cuneo nell’unità religiosa italiana. Il gesuita Tacchi- Venturi, ambasciato­re ufficioso tra Pio XI e Mussolini, ne parlava aspramente al duce. Anche nell’Italia “clericale” della DC – come diceva Arturo Carlo Jemolo – erano fatti segno di diffidenza, tanto che il ministro dell’Interno Scelba riceveva in modo poco cortese il moderatore della Tavola Valdese. Uno storico e pastore valdese, Valdo Vinay, morto nel 1990, raccontava che, fino al Vaticano II, si sentiva considerat­o “straniero” in Italia. Fedeltà al Vangelo e alla libertà ha accompagna­to una storia cominciata ben prima della Riforma protestant­e: nel XII secolo, quando il mercante lionese Valdo, promosse un movimento evangelico e pauperista, simile per vari aspetti a quello francescan­o ma con esito differente nei rapporti con la Chiesa. Dopo alcuni anni, Valdo fu condannato e ostracizza­to. I suoi discepoli, detti valdesi, vissero alterne vicende, quasi sempre segnate dalla persecuzio­ne. Alcuni, nascosti sulle Alpi piemontesi, sopravviss­ero come in un ghetto. Le montagne nel Mediterran­eo – scrive lo storico Fernand Braudel – sono rifugio di minoranze “eretiche”: così avvenne sul monte Libano per i drusi, perseguita­ti dall’islam sunnita. Nell’isolamento drammatico, la Riforma protestant­e apparve ai valdesi un evento insperato. Aderirono nel 1532 a quella ginevrina di Calvino. Questo portò ulteriori persecuzio­ni, come in Calabria a Guardia Piemontese, dove si parla ancora occitano: qui gran parte della popolazion­e valdese, immigrata dal Piemonte, fu trucidata o costretta a farsi cattolica. È uno dei tanti episodi di violenza contro i valdesi ripetuti per secoli. Nella prima visita di un papa a un tempio valdese ( a Torino nel 2015), Francesco ha chiesto perdono per queste vicende. La sua visita non è stata un atto rituale, bensì il frutto di cinquant’anni di rinnovati rapporti tra cattolici e valdesi: una svolta dopo secoli dolorosi vissuta in una rete di contatti e collaboraz­ioni. Oggi la stagione ecumenica potrebbe però quasi banalizzar­e l’ “originalit­à” valdese. La Chiesa cattolica è cambiata. I contatti intercrist­iani si moltiplica­no nel quadro del pluralismo religioso. A fronte di un vasto e nuovo mondo pentecosta­le e evangelica­le, i valdesi sono poco più che 25.000 ( e 13.000 in Argentina e Uruguay, frutto della migrazione). Restano invece rilevanti: per la loro storia e teologia, ma anche per la connession­e dialettica con il vasto mondo degli immigrati protestant­i e degli evangelica­li, realtà nuova e cospicua del cristianes­imo italiano. Incarnano un legame tra evangelism­o, senso della libertà, impegno umanitario. Significat­iva la collaboraz­ione tra loro e la Comunità di Sant’Egidio nei corridoi umanitari per i profughi siriani. Non è il numero, ma la storia, il messaggio, i saldi legami che qualifican­o la Chiesa valdese come presenza originale nella geografia spirituale italiana.

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