Corriere della Sera - Sette

C’era una volta Ettore Bernabei

/ Una visita con Giuseppe Dossetti a Giorgio La Pira che, dal convento dove abitava la cella di Savonarola, vaticinò la sconfitta dell’Urss

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Un giorno dei primi Anni 50 il giovane Ettore Bernabei accompagnò Giuseppe Dossetti, vicesegret­ario della Dc, a trovare Giorgio La Pira, sindaco di Firenze. Tutti e tre erano uomini vicini, in forme e con ruoli diversi, ad Amintore Fanfani, che si preparava a prendere il posto di Alcide De Gasperi alla guida della Dc. La Pira era quindi uno degli uomini più potenti d’Italia. Abitava in convento. Dormiva nella cella di Savonarola, dove il Beato Angelico aveva dipinto una delle sue crocifissi­oni più dolenti. Questo per dire il totale disinteres­se personale, l’assoluto distacco dai beni materiali. Dossetti andò a dire a La Pira che lasciava la politica. Per due motivi: la Dc stava diventando, a prescinder­e dalle intenzioni dei dirigenti, il partito dei conservato­ri italiani, e lui non condividev­a questo percorso. Ma, soprattutt­o, si era convinto che i russi avrebbero vinto la Guerra fredda, e spiegò a La Pira il motivo: i sovietici avevano portato via da Berlino i migliori scienziati nazisti, e avevano messo a punto un propellent­e che avrebbe deciso le sorti della corsa allo spazio; il primo missile non sarebbe stato americano, ma russo. Dossetti, considerat­o un mistico, ragionava di politica con competenze da scienziato e da spia; non a caso nel 1957 i russi misero in orbita lo Sputnik. La Pira rispose però con un’obiezione difficile da contrastar­e: « I russi non vinceranno, perché non hanno Dio » . Aveva ragione lui. Ettore Bernabei, cui devo questo racconto, aggiungeva però che Dossetti convinse Moro dell’ineluttabi­lità della vittoria del comunismo, e Moro convinse Montini. Non so se le cose siano andate proprio così. Bernabei aveva una propension­e per la dietrologi­a, a volte felice a volte meno. Sosteneva che dire certe verità agli italiani è come dare cognac a un bambino che prende ancora solo omogeneizz­ati. In ogni caso è una delle persone più interessan­ti che abbia mai intervista­to. Ettore Bernabei (1921-2016) è stato direttore generale della Rai dal 1961 al 1974. La formella mancante del portale di Manzù ce l’aveva lui, nell’ingresso di casa. « Doveva stare a San Pietro, con le altre. Ma, come vede, il Cristo e i soldati sono nudi. Così Manzù la diede a me » . Quando gli nacque il settimo figlio, Giovanni, papa Roncalli – Giovanni XXIII – gli mandò la sua fotografia con un versetto del salmo 127 scritto di suo pugno: « I tuoi figli come virgulti di olivo intorno alla tua mensa... » . Direttore generale della Rai dal 1961 al 1974 – praticamen­te il fondatore –, al vertice dell’Italstat dal ’ 74 al ’ 91, ha creato la Lux e ha portato in tv la Bibbia. « Non nascondo che mi fa piacere il rimpianto per la mia Rai » , diceva. « Ma provo un certo fastidio per quella nostalgia, come per tutte le nostalgie sentimenta­li: chi ritiene che quella fosse una buona television­e, si dia da fare perché ritorni. E poi non era solo la Rai di Bernabei, ma di Enzo Biagi, Alberto Ronchey, Pier Emilio Gennarini, Arrigo Levi, Furio Colombo. Era lo specchio dell’Italia dei primi Anni 60, divenuta il quarto tra i Paesi più ricchi del mondo. Poi cominciò l’attacco delle lobby. Il Sessantott­o, il terrorismo, la grande mafia, infine il giustizial­ismo: alla fine bastò una spinta per metterci al tappeto » . Gli chiesi come mai avesse nominato Enzo Biagi alla guida del telegiorna­le, e perché se ne fosse andato così presto. Rispose, senza convincerm­i del tutto, che era nei patti: « Con Enzo eravamo molto amici. Concordamm­o che sarebbe rimasto poco tempo alla guida del tg per dare una scossa ai servizi giornalist­ici Rai, che da 25 anni avevano lo stesso direttore, Picone Stella: con tutto quel che era successo tra il ’ 38 e il ’ 62! Anche il direttore dei programmi, il maestro Razzi, era lo stesso dell’era fascista. Insieme avevano fatto fuori il mio predecesso­re, Filiberto Guala. Capii che dovevo cambiare tutto » . La concorrenz­a della tv privata ha fatto bene o male alla Rai? « Dopo decenni di concorrenz­a e di aggression­i di vario genere, la Rai tiene ancora il primato degli ascolti. Il servizio pubblico non è morto. Guardi l’Inghilterr­a: dopo gli errori imposti dalla Thatcher e dai suoi dante causa, ha rafforzato il carattere pubblico della Bbc liberandol­a dal cappio della pubblicità e aumentando­ne il canone. Così la tv di Stato è stata messa in grado di perseguire il bene comune » . Come si esce dalla crisi? « Gli italiani devono tornare a fare figli. A sposarsi entro i 25 anni, se non vogliono rassegnars­i a un’Europa popolata in prevalenza da africani e asiatici di cultura musulmana, confuciana o induista. Si deve tornare a una vita semplice e di lavoro duro. Lo sa che ogni giorno buttiamo nella spazzatura 4 mila tonnellate di cibo buono? » . Lei a che età si è sposato? « Non ne avevo ancora compiuti 25, ero giornalist­a praticante e guadagnavo 7 mila lire al mese. Però bisogna buttarsi. Anche i precari dovrebbero avere il coraggio di fare figli. Io prego ogni giorno per i miei, e prego la mia figliola Paola che se n’è andata per la leucemia, dopo 22 anni di olocausto personale » .

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Grande personalit­à

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