Tutti i trucchi degli “impostori mascherati”
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Scrittore molto prolifico ( con il suo nome ci sono pervenute oltre un’ottantina di opere, tra cui un romanzo, dialoghi, saggi, epistole e un gruppo di epigrammi) e rinomato polemista, Luciano ha dedicato molte energie a combattere diverse forme di impostura: falsi filosofi, arroganti pedanti, pericolosi santoni, avidi profeti, ignobili adulatori, manipolatori del soprannaturale. Nell’epistola indirizzata a un non ben identificato Celso – intitolata Alessandro o il falso profeta ( in questa edizione L’impostura) e composta dopo il 180 d. C. –, l’autore racconta gli imbrogli di Alessandro di Abonutico, che aveva creato nella sua città natale in Asia Minore il culto di Glicone ( divinità a forma di serpente con testa semi- umana): « Non depredò poche contrade abbandonate dell’Asia,
« La vita degli uomini è tiranneggiata da due grandi cose, dalla speranza e dal timore, e che chi opportunamente può usare di una di queste, tosto diventa ricco: che ed a chi teme ed a chi spera è necessarissima e desideratissima la conoscenza dell’incerto avvenire: che così Delfo si arricchì […] affollandosi in quei templi gli uomini signoreggiati da quei due tiranni della speranza e del timore »
ma quasi tutto l’impero romano » ( 2, p. 5). Un furfante, il cui ritratto svela la sua straordinaria abilità nel truffare ( « una singolare natura d’uomo variamente mista di bugie, di inganni, di spergiuri, di falsità; facile, audace temerario, paziente nell’eseguire un proposito, persuasivo, di maniere autorevoli » ) e, soprattutto, nel presentarsi indossando un’ingannevole « maschera d’onestà » : « Onde chiunque lo accostava la prima volta, ne partiva con un concetto di lui, come del più buono, del più modesto, del più sincero, del più semplice di tutti gli uomini » . Un genio del crimine, insomma, votato a coltivare ambiziosi progetti: « Stava sempre sul grande, rivolgeva in mente grandi pensieri, faceva vastissimi disegni » ( 4, p. 7). Da giovane, aveva frequentato « uno di quelli che spacciano magie ed incantesimi mirabili » , promettendo di « legare e slegare innamorati, fare sprofondare nemici, trovar tesori, avere eredità » ( 5, pp. 7- 8). E avendo compreso precocemente che gli uomini « signoreggiati da quei due tiranni della speranza e del timore » e, nello stesso tempo, mossi dal « bisogno di conoscere l’avvenire » frequentavano templi e oracoli, dove « vi appendevano mattoni d’oro » , decise « di stabilire un tempio e un oracolo » con l’obiettivo di diventare, lui e i suoi soci, « ricchi e felici » ( 8, pp. 11- 13). Così spedisce molti suoi collaboratori « in Paesi forestieri a sparger fama dell’oracolo, e contare come egli faceva trovare schiavi fuggitivi, scoprire ladri, rinvenir tesori nascosti, sanava ammalati ed aveva anche resuscitati alcuni morti » . In poco tempo, « le genti piovevano a lui da ogni parte, portando sacrifizi e voti, e doppio prezzo al profeta e discepolo del dio » ( 24, pp. 29- 31). Ogni occasione era buona per prendersela con Epicuro « solo conoscitore della verità » ( 25, p. 31), arrivando perfino a portare un suo libro « in mezzo a la piazza » e a bruciarlo « con legno di fico » . Gli imbroglioni, infatti, temono sempre i buoni libri, perché liberano l’anima « dai timori, dai vani fantasmi, dalle sciocchezze dei prodigi, dalle vane speranze » ( 47, p. 53). Ancora oggi, purtroppo, operano molti impostori mascherati che ( sul piano politico, religioso, filosofico) spacciano verità assolute per lucrare sulle paure e sulle incertezze di coloro che, disperati, accorrono a venerarli. di Roberto Burchielli