Ventennale:
Dell’edizione del e sfide personali, tramite la voce degli scrittori più amati dal pubblico
Come eravamo. Come eravamo? Che cosa leggevamo vent’anni fa, quando Mantova decideva di aprire piazze, strade, caffè e i suoi palazzi rinascimentali a una inusuale inondazione di scrittori e di scrittrici provenienti da ogni parte del mondo? Perché la formula può non piacere, perché si può parlare di un modello restio a rinnovarsi o di altro, ma non si può negare che gli ultimi due decenni di vita di chi ama i libri ( e gli autori) sia stato segnato anche da Festivaletteratura. Che torna, puntuale, dal 7 all’ 11 settembre con un programma fluviale, come sempre. La ventesima edizione si apre con Jonathan Safran Foer, riapprodato al romanzo dopo undici anni con Eccomi ( Guanda), il 3 settembre, e con una insolita parata, prevista per il giorno successivo: sono attesi a Mantova da tutto il pianeta parecchi dei 5 mila volontari che hanno sostenuto il festival dal 1997. Perché la vera forza di Festivaletteratura, ripetono in sintesi da anni gli organizzatori, è quella di essere partita come una rassegna « dal basso » , « per la città e con la città » , grazie al contributo spontaneo di tutti, o quantomeno di molti. In realtà, agli inizi, non è stato proprio così: tanta era la diffidenza per questa marea di gente da ospitare, sfamare, persino da proteggere. Già perché nella prima edizione c’era Salman Rushdie, per esempio, sul quale pesava la condanna dell’ayatollah Khomeini per i suoi Versetti Satanici. E c’è chi si ricorda bene quella volta in cui, alla chetichella, Rushdie se ne andò a sentire il discorso di Hanif Kureishi eludendo il saldo sistema di sicurezza che gli era stato cucito intorno. Alla fine tutto bene, ma la rispettabile provincia lombarda rimase scossa. L’israeliana Dorit Rabinyan, autrice di storia d’amore tra una ebrea e un palestinese. Paolo Maurensig, autore di e Tullio Avoledo, fra le sue opere
e Mantova era ( ed è) una città tutto sommato piccola, forte di un glorioso passato estense, dell’arte sopraffina di Andrea Mantegna e di Giulio Romano, fiera di una sagoma anfibia che non smette di sedurre tutti i visitatori. Fragile, si potrebbe dire: ma si scoprì forte, con il trascorrere degli anni, nell’accogliere e nel far innamorare personaggi dalla complessità culturale ( e caratteriale, diciamolo) che proprio all’epoca, nella metà degli anni Novanta, stavano diventando delle star. Ecco, forse il successo che vanta Festivaletteratura ( l’anno scorso le presenze sono state 67 mila, più 58 mila negli eventi gratuiti) è riconducibile anche all’aver intercettato un preciso momento storico culturale: l’epoca in cui lo scrittore, anche in Italia, diventava mediatico, onnipresente, in tour, tangibile, “incontrabile”. Un solo esempio: Alessandro Baricco seduceva con la scrittura ( Castelli di rabbia è del 1991) ma anche con la presenza televisiva, perché nel 1994 dava vita, insieme a Giovanna Zucconi, alla trasmissione Pickwick.
Annullare le distanze. In questa edizione potremo incontrare, interrogare, persino conversare con autori come Julian Barnes, Jonathan Coe, Jay McInerney, Alain De Botton e se oggi questo ci sembra scontato, usuale, il merito è anche di Mantova. Perché la formula dell’autore “diffuso” in piazze, cortili, caffè, castelli e prati nasceva allora. Scriveva Donata Righetti, nel 1999, sul Corriere della Sera: « Il pubblico che ascolta Luigi Meneghello recitare brani del vecchio e incantevole Libera nos a Malo e del recentissimo Carte, corposo diario minimo appena pubblicato da Rizzoli, ha invaso il vastissimo chiostro del Museo Diocesano e si abbandona a risate di divertimento ma anche di gratitudine e di complicità.