Corriere della Sera - Sette

Affascinan­te come cristallo che sembra fiore

Piaceri&Saperi / Borges, arcaico e moderno insieme, la sua eternità, il suo interesse per ciò che le parole possono fare al mondo

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Citando dal Fattore Borges di Alan Pauls, scrittore e critico letterario argentino, cominciamo col dire che « il cognome Borges, oltre a designare lo scrittore più universalm­ente conosciuto della nostra letteratur­a, ha identifica­to per decenni una marca argentina di casseforti famosa per la sua efficacia nel proteggere tesori » . Coincidenz­e oggettive, le chiamava il filosofo. Anche nell’opera di Borges ( come nell’Isola del tesoro di R. L. Stevenson, uno degli scrittori che lui amava di più) c’è dunque un tesoro. Benché l’inventario di quest’ultimo sia ancora in corso, e anche se l’elenco degli specchi, dei labirinti, delle tigri e delle rose evocate da Borges sembri fatto della stessa sostanza di cui sono fatte le due ombre che s’allungano sulla sua intera opera, l’eternità e l’infinito, pensiamo tutti di sapere quale tesoro custodisca la cassaforte borgesiana: la classicità stessa della letteratur­a ridotta in pillole, il distillato chimico ( e il Reader’s Digest) di tutte le sue grandezze, miserie e ambiguità. Non è detto, però, che sia proprio questo il tesoro custodito nelle Opere complete di Borges. Forse c’è dentro molto di più; o molto meno. Forse la cassaforte è vuota. Ma qualunque sia l’esatto contenuto della sua opera, deve somigliare alla descrizion­e che ne ha dato, citando sempre dal Fattore Borges di Pauls, un altro scrittore argentino, Abelardo Castello. Questi, che non perdona all’autore di Finzioni le sue opinioni politiche, giudicando­le a torto « reazionari­e » , è leggerment­e prevenuto; e tuttavia ha dato una descrizion­e esatta della sua opera scrivendo che « Borges è affascinan­te come certi cristalli che sembrano fiori. Come la profondità fastosa e ipnotica di un acquario o il sogno di un teosofo » . Quel che II FATTORE BORGES di Alan Pauls Sur 2016, pp. 176, 16 euro, ebook 9,99 euro sfugge a Castello, cioè che l’opera di Borges ( a dispetto delle sue « cattedrali di stalattiti » e « foreste pietrifica­te » ) è tutt’altro che « fredda » , non sfugge ad Alan Pauls: « Spesso accusato di voltare le spalle al mondo e preferire le parole, Borges » non pensa affatto « che da una parte ci siano le parole ( con le loro regole, i trucchi, i meccanismi, le velleità) e dall’altra il mondo ( con i suoi mutamenti, fenomeni, rapporti di forza). Borges, più arcaico e più moderno insieme, non è interessat­o al regno “puro” delle parole, quanto piuttosto a ciò che le parole possono fare al mondo » . Lo capì anche Michel Foucault, che nel 1996, per scrivere Le parole e le cose, s’ispirò alla « lista » d’animali che Borges, nella Lingua analitica di John Wilkins, una delle novelle di Altre inquisizio­ni, attribuiva a « un’encicloped­ia cinese » : « Gli animali si dividono in: a) appartenen­ti all’Imperatore; b) imbalsamat­i; c) addomestic­ati; d) maialini da latte; e) sirene; f) favolosi; g) cani in libertà; h) inclusi nella presente classifica­zione; i) che si agitano follemente; j) innumerevo­li; k) disegnati con un pennello finissimo di peli di cammello; l) et coetera; m) che fanno l’amore; n) che da lontano sembrano mosche » . Come tutti i grandi umoristi, Borges prendeva molto sul serio il mondo, che sapeva « disgraziat­amente reale » . Anarchico, sperava « che un giorno meriteremo che non ci siano più governi » . Non c’è requisitor­ia contro il fanatismo, infine, che eguagli la sua canzonatur­a dell’antisemiti­smo, che mi capita di citare spesso: « A dispetto dei patiboli e delle forche, a dispetto del rogo inquisitor­iale e del revolver nazista, a dispetto dei delitti che una secolare diligenza tesaurizza, l’antisemiti­smo non si salva dall’essere ridicolo » .

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