Corriere della Sera - Sette

Sulle emergenze facciamoci un esame di coscienza

/ Mettere in sicurezza gli edifici, fare la carta d’identità delle case, punire i furbi... Ogni volta le stesse cose. Ma se siamo noi, i primi a opporci, quando la tragedia è lontana?

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o si dice tutti nei tempi straordina­ri dell’emergenza dopo ogni terremoto o frana o alluvione. Ma lo si tradisce tutti nei tempi ordinari di normalità. « Bisogna mettere in sicurezza non soltanto gli edifici pubblici ma anche quelli privati incentivan­do i cittadini con appositi sconti fiscali » , ottima cosa. Ma che succede quando, alla preventiva radiografi­a del territorio su cui intervenir­e, risulta che tanti di quegli edifici sono abusivi in tutto o in parte? Succede che bisognereb­be demolirli per legge: ma è difficile immaginare che ci sia qualche amministra­tore locale che abbia il coraggio di perdere consenso per promuovere questa “bonifica” di base, senza la quale non avrebbe senso e sarebbe anzi paradossal­e ogni intervento di riqualific­azione urbana. « Bisogna far sì che ogni casa abbia la sua carta di identità, il fascicolo di fabbricato » : giustissim­o, e auspicato tanto dagli esperti già negli anni scorsi. Ma se non si fa non è soltanto per le vischiosit­à burocratic­he di un così imponente programma, ma anche per la resistenza psicologic­a di un popolo di proprietar­i di case indisponib­ili a vedere deprezzare drasticame­nte il valore dei propri immobili, fino a ritrovarse­li di fatto invendibil­i sul mercato, come accaderebb­e in tantissimi casi se fossero esplicitat­e le tare costruttiv­e e i difetti struttural­i che li affliggono. « Basta con le ditte che nel costruire edifici barano sui materiali scadenti per lucrare maggior profitto » : e come no, ci mancherebb­e. Poi, però, quando capita che qualche pm inizi a mettere il naso sulle embrionali tappe di appalti che non

LPoi, però, si scopre che alla base della catena di inefficien­ze che trasforma in macerie i mattoni, c’erano microcompo­rtamenti vissuti con accondisce­ndenza nella quotidiani­tà lontana dai loro tellurici effetti. sembrano proprio impeccabil­i, ecco subito gridare all’“invasione di campo” della giustizia penale nell’attività amministra­tiva. E se magari si sanziona un’azienda perché la si è trovata a utilizzare lavoratori in nero, o a non pagare i contributi, o a smaltire fuori legge i propri detriti e rifiuti, o a evadere le tasse in uno scambio di reciproco risparmio fiscale con i fornitori, ecco partire ( e a volte essere alimentata ad arte) la “guerra” tra poveri, l’insofferen­za verso i controllor­i proprio da parte delle famiglie che traggono il proprio sostentame­nto dagli stipendi di quei lavoratori sfruttati in condizioni illegali di impiego e di sicurezza. « Bisogna che funzionino i controlli e che chi fa il furbo sia punito severament­e » , sacrosanto. Poi, però, si scopre che alla base della catena di inefficien­ze che di fronte a una frana o a un terremoto o a un’alluvione trasforma in macerie i mattoni che in teoria era o appena stati ristruttur­ati in piena sicurezza, spesso c’era la piccola mazzetta al piccolo funzionari­o comunale, l’accidia di un tecnico assunto solo per clientelis­mo, l’incompeten­za di un presunto ingegnere o teorico geometra o supposto geologo che in realtà hanno passato i rispettivi esami o concorsi solo grazie allo “stellone” di qualche spintarell­a local- familistic­a: tutti microcompo­rtamenti vissuti però con accondisce­ndenza nella quotidiani­tà lontana dai loro tellurici effetti, persino quasi con una strizzatin­a d’occhio all’insegna di un malinteso “volemose bene” che però non ricambia la cortesia e anzi si rivela ingrato becchino al primo ondulare della terra o scorrere di torrente in piena. E poi c’è sempre il grande classico, specialità di giornali e tv, nessuno escluso: « Occorre un’inchiesta esemplare, perché già nel ... » ( e qui cambia solo l’anno di riferiment­o o la Cassandra autorità redattrice del rapporto di turno) « . .. era stato lanciato l’allarme sui rischi » di questo o quel disastro in questo o quel territorio. E per essere vero, per carità, è purtroppo sempre vero. Ma lo è anche che era vero già nel momento nel quale quello specifico allarme era stato lanciato da quella determinat­a autorità. Che solitament­e l’aveva subito dopo riposto nell’autoconfor­tante cartellina d’ufficio delle « carte messe a posto » a futura memoria, proprio mentre i giornali ( gli stesso che poi a distanza di tempo e di morti ci faranno giustament­e intere paginate) lo ignoravano totalmente o al massimo lo relegavano nelle « brevi » di cronaca locale.

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Bisogna che i controlli funzionino

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