Autodifesa.
L’infermiera, ma la letteratura è la mia Così ho reagito», racconta la scrittrice. Che sta per ricevere un altro prestigioso premio
Strana la vita di Elizabeth Strout. Ha pubblicato solo cinque romanzi tutti molto apprezzati. Alcuni giudicati addirittura degni di entrare nella galleria del “grande romanzo americano” come il recente Mi chiamo Lucy Barton o Olive Kitteridge col quale ha vinto il Pulitzer. Eppure ha scritto sempre, tutti i giorni della sua vita, fin da quando era una bambina. Ma per 35 anni è rimasta a scaldare i muscoli a bordo campo: « I miei libri » , racconta, « non li voleva nessuno. Avevo il terrore di arrivare a 58 anni facendo la cameriera » .
Invece a quell’età, nel 2009, è arrivato il Pulitzer. Ma prima non è mai stata tentata di mollare?
« Ci sono stati due momenti in cui ho pensato di abbandonare la scrittura. Il primo quando avevo già quasi 40 anni. Nessuno sembrava interessato alla mia scrittura e io volevo fare qualcosa di utile: decisi per l’infermiera. Ma mi dettero una tale quantità di adempimenti burocratici, di moduli da riempire, che alla fine rinunciai, scoraggiata. Tornare alla letteratura fu anche una forma di autodifesa. Qualche anno dopo, ancora la tentazione di cambiare strada. Cercai altri sbocchi professionali, vari tentativi. Ogni volta, però, mi rendevo conto che, più che agire con fredda razionalità, mi comportavo come se fossi un personaggio dei miei libri. Mi guardavo da fuori e dicevo: adesso potrei fargli fare questo o quello. Insomma, capii che scrivere era il mio “mindset”, il mio modo di rapportarmi della realtà: non potevo smettere perché era il mio modo di vivere » . La Strout è appena tornata da un “book tour” in Spagna. Siamo nel salotto della sua casa di New York, in una torre dell’Upper East Side, affacciata sull’East River, ma è qui solo di passaggio. È attesa nel MidWest per altri incontri letterari, poi in Italia dove riceverà, il 2 ottobre a Capri, il premo Malaparte. Salvo I ragazzi Burgess nel quale racconta di pregiudizi contro una minoranza etnica, una comunità musulmana di somali che vivono nella provincia Usa, i suoi libri prescindono dai grandi sconvolgimenti, dalle tensioni che attraversano la società. Il “focus” è sulla descrizione dei personaggi, la loro psicologia, i rapporti familiari, il ruolo della memoria. Mai Elizabeth Strout ha pubblicato cinque romanzi tutti molto apprezzati. L’ultimo si intitola (Einaudi, 14,88 euro).
tentata di tuffarsi di più nel magma sociale americano?
« È vero, mi piace soprattutto tratteggiare i personaggi, scoprire le frasi nascoste nella parte più oscura della loro mente. Individuare le loro vulnerabilità, descrivere rapporti familiari contorti, eppure solidi. Poi, a mio modo, mi occupo anch’io di problemi sociali. Lucy Barton è un’insegnante poverissima, la sera rimane a leggere a scuola perché a casa non può pagarsi il riscaldamento. Grazie alla scrittura riesce a scala-