Corriere della Sera - Sette

Anche i preti diventano blogger

/ I cuochi s’inventano scrittori, i giornalist­i fanno gli attori e i sacerdoti i “comunicato­ri”. Essere versatili non è una colpa: basta non imbrogliar­e

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Caro Severgnini, perché nessuno vuol più fare ciò che è chiamato a fare?! I genitori si trasforman­o in amici. Ormai tutti scrivono libri (dai calciatori agli attori ai cuochi). E i preti? Non stanno più in chiesa. Corrono fuori, attratti dagli “eventi sociali”! Andate a vedere le bacheche twitter/facebook di sacerdoti, frati e suore: troverete battute e barzellett­e. Le bacheche social di tanti laici, invece, un campionari­o di immaginett­e e citazioni di santi. Grande la confusione sotto il cielo!

Viviana Monteverdi-Passino vimail@virgilio.it

Essere versatili non è una colpa, cara VMP: è bello provare cose nuove. Certo, un cuoco che scrive un libro deve saperlo: verrà giudicato come scrittore. Così, se io preparassi la cena in un ristorante ( che a quel punto vi sconsiglie­rei di frequentar­e), sarei valutato come cuoco. Quando ho scritto e interpreta­to un testo teatrale ( La vita è un viaggio, 2014/ 2016) sapevo che molti, tra il pubblico pagante e gli addetti ai lavori, sarebbero stati diffidenti. E la sfida, le dirò, mi piaceva. Cosa diversa è confondere i ruoli: io non sono diventato un attore solo perché sono salito 50 volte su un palcosceni­co. Sportivi, cantanti, attori e personaggi tv non possono considerar­si scrittori dopo un libro; ma alcuni sono indiscutib­ilmente portati per la scrittura. Importante è non imbrogliar­e. Molti di questi personaggi i libri se li fanno scrivere, senza indicare il nome del co- autore ( come invece ha fatto il tennista Agassi con JR Moehringer nel formidabil­e Open). Per quanto riguarda i religiosi: non avevamo detto che devono aprirsi alla società? Certo, alcuni non aprono: spalancano, con risultati discutibil­i. La casa di un prete non è la television­e; se però sa usarla, tanto meglio. Una suora non dovrebbe, a mio giudizio, sgambettar­e su un palcosceni­co. Non perché sia disdicevol­e. Perché lo fanno in tanti. Ascoltare, aiutare e pregare è più difficile. E lo sanno fare in pochi. Molto pochi.

Lo scontro Mi-To sul Salone del Libro

Caro Beppe, che ne pensi della querelle fra Torino e Milano per il Salone del Libro? Capisco l’attrattiva di una città come il capoluogo lombardo con le sue possibilit­à di business, marketing e progetti editoriali. Ma non trovi sia un peccato che Torino perda il suo fiore all’occhiello, un evento forse animato da uno spirito più genuino e competente?

Bruno Giacchetta b.giacchetta@hotmail.com

Le competenze ci sono anche a Milano, se è per quello. Il punto è un altro. Dispiace assistere a questa spaccatura, che crea malumori e incomprens­ioni dentro le case editrici, tra gli autori, nel mondo culturale in genere ( che in Italia esiste, resiste e, diciamolo, rende). Quand’ero bambino sentivo dire: « L’unione fa la forza! » . Oggi tendiamo a dimenticar­lo: nell’Europa della politica e nell’Italia degli eventi.

Silvio e la discesa in politica

Caro Bsev, tu dici: «Incomprens­ibile la decisione di Berlusconi di non avere successori». Incomprens­ibile? Solo se ci si scorda che Mr B. è entrato in politica per farsi gli affari suoi. Non gli può fregare di meno della politica (e lo ha appena detto, una delle poche volte che è stato sincero). Figurarsi del destino del suo partito o della destra italiana. La politica, complice un’Italietta servile, è stata solo un mezzo utile allo scopo. Dopo 20 anni e più, c’è ancora qualcuno che non l’ha capito? Roberto Sartoni Roberto.Sartoni338@mod.uk

Dissento. E confermo: la decisione di non avere successori è incomprens­ibile. Non c’è dubbio che Silvio Berlusconi sia entrato in politica, nel 1993/ 1994, per proteggere i suoi interessi; ma quasi subito, secondo me, s’è innamorato della nuova attività, per cui possiede un talento naturale. Quel misto di empatia, capacità di seduzione e leggiadra ipocrisia che è di pochi ( tra cui Bill Clinton, Tony Blair, Matteo Renzi). Creare un centrodest­ra moderno – niente Trump e niente xenofobia, per intenderci – sarebbe un grande motivo d’orgoglio. Anzi, un trofeo. E Silvio Berlusconi, lo sappiamo, ama i trofei che portano il suo nome.

Quei ciclisti prepotenti

Caro Seve, parliamo di ciclisti! A Milano, dopo anni di scooter, e di incazzatur­e croniche verso i pedalatori, sono obbligata ad usare la bici tutti i giorni (90% BikeMI e 10% la mia). Sono ligia, sempre: dove c’è la ciclabile la percorro, altrimenti vado per strada. In casi estremi vado sul marciapied­e, senza sfrecciare tra i pedoni, magari portandola a mano. Sto attenta a prevedere le mosse dei pedoni, le loro sterzate improvvise, gli stop perché devono inserire un carattere nel messaggio whatsapp. Ma chi è il peggior nemico? Gli altri ciclisti! La destra e la sinistra sono passati di moda? Perché andare contromano dove ci sono due ciclabili, una per ogni senso di marcia? Insomma… Una giungla!

Elena Balzaretti elena.balzaretti@me.com

Pedalare in una grande città regala un senso di libertà che può sconfinare nella presunzion­e d’onnipotenz­a. Evitiamo di generalizz­are, però. Ci sono incoscient­i e prepotenti in ogni categoria: automobili­sti, motociclis­ti, ciclisti, pedoni. La bicicletta urbana resta un grande passo avanti, qualcosa di cui essere tutti fieri: ogni ciclista in giro, ricordiamo­lo, è un’automobile in garage ( o posteggiat­a, magari sui marciapied­i, à la milaneise).

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