Se Grillo avesse preso la tessera del Pd...
/ ... come sarebbe andata a finire? Ah, saperlo. Invece i democratici gliela negarono. Ecco la vera storia dell’aspirante piddino rimasto grillino
Il mitico Beppo Novello ci ridererebbe su: « Addio, memoria addio / che l’armata se ne va / E se non svampissi anch’io / sarebbe una viltà! » Per gettare acqua sul fuoco di polemiche nascenti su un’antica candidatura col Pd che veniva rinfacciata dai « duri e puri » del M5S al neo assessore capitolino Andrea Mazzillo, Beppe Grillo ha detto giorni fa: « Anche io ho avuto una tessera del Pd. L’ho presa ad Arzachena » . Non è vero: ci provò soltanto ma l’odissea tragicomica di quel suo tentativo resta indimenticabile. A partire proprio dal motivo che, in vista del congresso del 2009 che avrebbe visto la vittoria di Bersani, lo spinse a candidarsi: « Il mio obiettivo era semplice: andare al congresso e parlare. Esporre il nostro programma. Dire: “venite fuori, trentenni con le palle. Mandate via tutti quelli che non hanno più niente da dire” » . « Ma va là » , rise la moglie, « Beppe era in spiaggia, si annoiava, pensava e ripensava. Era una domenica. A un certo punto fa: quasi quasi mi candido a segretario dei democratici… Così è andata » . Così, una mattina di luglio di quel 2009, « in perfetta tenuta da turista ( polo, mocassini, occhiali da sole neri) » come scrisse l’Ansa, si presentò in piazza ad Arzachena « per formalizzare, con l’iscrizione al partito, la candidatura alla segreteria del Pd » . Compilò dunque « l’apposito modulo » , versò 16 euro e chiese la sua tessera. Sconcerto, consultazioni: prima coi democratici locali, poi regionali, poi nazionali. Infine, ricorda Carlo Careddu, gli spiegarono che no: « La consegna della tessera non era contestuale: i segretari di circolo non ne avevano la disponibilità. Le tessere le custodivo io, all’epoca segreta- Qualche giorno fa Grillo ha detto: «Anche io ho avuto una tessera del Pd. L’ho presa ad Arzachena». Non è vero: ci provò soltanto, ma l’odissea tragicomica di quel suo tentativo resta indimenticabile. rio provinciale, per poi consegnarle dopo avere verificato la regolarità dei cedolini e delle iscrizioni. Dunque Grillo non ne entrò mai in possesso. Dopo il clamore, intervenne la Commissione di garanzia del Pd sardo che dispose la restituzione della somma. Lo statuto del partito all’art. 2, comma 8, stabiliva infatti di escludere “dell’anagrafe degli iscritti e nell’albo degli elettori le persone che siano iscritte al altri partiti politici” » La versione di Grillo in parte coincise, ma fu più spassosa. Spiegò infatti, maramaldeggiando sui cognomi dei protagonisti marchiati dalla « u » finale: « Sono andato a iscrivermi ad Arzachena con due garan- ti. ( Ci vogliono due garanti che testimonino che tu sei tu). Son venuti Dughedaivezizzegazu e il macellaio Guzuguzu Paracheguzu. Mi hanno detto che potevo fare la domanda, “ma la tessera non te la possiamo dare”. Ci siamo seduti in un bar. Ho compilato la domanda e pagato 16 euro. Ne bastavano 15. Ma uno gliel’ho dato di stecca » .
RICORRIAMO ALL’UCRONÌA. Intorno, per ore, un diluvio di commenti. « Il Pd non è un taxi » , sbuffò Piero Fassino. « La candidatura di Grillo è una gran bella notizia. Così anche noi dell’Italia dei Valori potremo avere interlocutori ai quali non fa schifo dialogare con noi » , disse Antonio Di Pietro. « I suoi comizi o spettacoli per la campagna congressuale del Pd saranno gratuiti o a pagamento? » , chiese Giorgio Merlo. « Non siamo un autobus sul quale si sale per farsi un giretto » , ghignò Pierluigi Bersani. « Non serve scomodare il genio militare per capire che Grillo è la talpa inviata da Di Pietro » , teorizzò Antonio De Poli. Al che Beppe, prendendo sul serio il no burocratico, minacciò: « Allora vado a iscrivermi a casa mia, a Nervi, dove sono residente » . Macché: non si presentò. E alla fine gli diede la tessera il segretario del Pd di Paternopoli, in provincia di Avellino. Per poche ore, però: subito annullata dai vertici. E a distanza di anni resta la curiosità: come sarebbe andata, se il Pd non si fosse chiuso a riccio? Non resta che ricorrere all’ucronìa, il genere letterario che si interroga sulla piega che avrebbero preso gli eventi se Scipione avesse perso la battaglia di Zama, se Lincoln non fosse stato assassinato, se Napoleone avesse preso Mosca…