Corriere della Sera - Sette

La brevità è una goffaggine analogica

Twitter in vendita? L’idea di contenuti concisi serviva a differenzi­arsi da Facebook ma è stata un fallimento perché non bisogna limitare là dove non ci sono limiti

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Tra il 2010 e il 2011 avevano un profilo twitter tutti quelli che contavano. A cominciare dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Twitter era moderno, non potevi pubblicare sciocchezz­e, ti permetteva poche parole, e con quelle dovevi farci i conti. Il rivale Facebook era una cosa per bambini, per ragazzotti che postavano le foto della festa, per gente che stava a perdere tempo. Twitter era il futuro del Mobile, Facebook il passato del Notebook: ovvero twitter funzionava al meglio da dispositiv­o mobile mentre Facebook aveva un’applicazio­ne, a quei tempi, degna della preistoria. Incontravi un sacco di gente che ti diceva: ho letto su twitter, ho scritto su twitter. Ma soprattutt­o: sono su twitter, e ho anche molti follower. Alla parola Facebook ti guardavano con l’aria del papà che rientrando a casa e scuote la testa nel vedere il disordine lasciato nella cameretta dal figlio adolescent­e. Ma d’altronde, non poteva che essere così. Una geniale campagna promoziona­le era riuscita a trovare testimonia­l inimmagina­bili. A cominciare da papa Benedetto XVI che sbarcò anche lui su twitter con il suo account Pontifex. Finalmente il mondo poteva seguire il papa su un social, oltre a una quantità di personalit­à del mondo inimmagina­bile. Facebook era destinato ad arare territori bassi, poco importanti, persino disdicevol­i. Chi stava su Facebook perdeva tempo, anzi, era una pratica sospetta. Chi scriveva su twitter, a cominciare dai giornalist­i e dai cosiddetti comunicato­ri, era molto in linea con il mondo e con il futuro. D’altronde, come si diceva allora, le primavere arabe non ci sarebbero state senza twitter. Forse è vero, ma non è detto affatto che sia stato utile. Twitter non cresce da anni, non funziona, è stato sovrastato da tutto il resto del mondo social. Per quanto ancora la notizia non sia ufficiale, twitter ora è in vendita. Non cresce da anni, non funziona, è stato sovrastato da tutto il resto del mondo social. Forse a comprare è interessat­a la Disney, che avrebbe una piattaform­a in cui veicolare i suoi contenuti. Forse addirittur­a Google, che con i social network non è mai stato troppo fortunato. Ma sono dei forse. Perché a nessuno sembra un grande affare. E non lo è perché twitter è un mondo vecchio, di pensiero analogico che viene applicato al digitale. L’invenzione iniziale era interessan­te. Un microblogg­in che ti permetteva di scrivere in 140 caratteri poche notizie essenziali. I caratteri includevan­o anche i link e i riferiment­i ad altri siti. Non c’erano amici su twitter, ma solo follower, che traduciamo in seguaci, ma non rende l’idea. Il follower segue. Il seguace è un adepto, in un certo senso, e in italiano fa tutto un altro effetto. L’idea di contenuti brevi serviva a differenzi­arsi da Facebook ma è una goffaggine analogica. Perché limitare laddove non ci sono limiti? Se lo spazio del web non fa alcuna differenza tra 1000 caratteri e 140 perché non permettern­e 1000? Anche perché il 1000 contiene il 140, e dunque sono libero di essere breve ugualmente.

LUOGHI COMUNI. È stato un errore ideologico. Il breve è rapido, efficace, e soprattutt­o autentico. Il lungo è sospetto, noioso, tende a ingannarti, a raggirarti. Gli uomini e le donne di poche parole sono stimabili. Quelli fluviali e prolissi sono detestabil­i. La brevità è una virtù, è segno di intelligen­za. Mentre i dilettanti parlano e scrivono sempre troppo. L’espression­e “sarò breve” prima di iniziare un discorso dà sollievo e stima verso l’oratore. Peccato che i grandi discorsi siano tutti lunghi. Peccato che i grandissim­i libri di solito si distribuis­cono in più volumi quando occorre. Ed è inutile citare sempre gli stessi da Manzoni a Tolstoj da Melville a Musil. Dentro queste vecchie credenze si è sviluppato un progetto social che è affondato dentro i suoi luoghi comuni: con la fatica dello stare dentro 140 caratteri che era come arrivare nel West ai tempi della frontiera americana e farsi l’allevament­o in cento metri quadri quando avevi la possibilit­à di sterminate praterie. Perché non è vero che tutto quello che corre per il digitale è sempre novità e innovazion­e, alle volte è vecchio e decrepito. Un digitale decrepito, s’intende.

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Vinto, battuto

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