Avidi collezionisti, sposando gli affari con la cultura, “inventarono” il Rinascimento e il mito dell’Italia che, alla fine, se la cava sempre
E sono ancora loro, dissoluti e sanguinari, a procacciarsi corone, stole cardinalizie e toghe papali a colpi di lettere creditizie ( quando non di arsenico). Avidi collezionisti, non belli né particolarmente sani, irriducibili funamboli del potere: all’inizio della parabola, non si concedono il tempo di alzare la testa dai libri contabili. Tre secoli dopo, l’ultimo sovrano non riesce neppure a trascinare il corpo piegato dalla sifilide fuori dal