Francesca Pini
Architettura. Il
Natura e cultura, tramonti da selfie, e installazioni sotterranee. Il tetto a terrazza del nuovissimo museo MAAT ( a vocazione multidisciplinare: arte, new media, architettura, tecnologia e scienza) si proietta come un trampolino sulla foce del Tago, che ha il colore del mare. Un museo che vuole essere anche, perché no, un luogo romantico, con spazi esterni di 38 mila metri quadrati sempre aperti ai cittadini. Un edificio “sdraiato” come un’onda sulla banchina, con una struttura dal tetto basso ( per non alterare la vista dal belvedere della città collinare), rivestito all’interno con 15 mila maioliche bianche tridimensionali, per riflettere la luce del fiume. Alle spalle, la centrale elettrica in mattoni rossi ( che nel 1919 forniva energia a 11 mila utenti in città). A Lisbona, nella zona di Belém, dove oltre al bellissimo complesso monumentale del monastero Dos Jerónimos ( 1496) c’è anche il CCB che ospita la celebre collezione Berardo con opere dal XX secolo ad oggi, e, più in là, il museo nazionale delle carrozze, è in atto un’opera di riqualificazione urbanistica della riviera e del porto fluviale. Ne è l’emblema il MAAT, progettato dall’inglese Amanda Levete su committenza privata della EDP, investimento culturale e sociale ( in tempi di umor nero per la generale crisi economica) deciso dal suo amministratore delegato António Mexia, che ambisce a far entrare il MAAT nel grande circuito inter- nazionali con importanti produzioni artistiche. Per questo è stato richiamato in patria, dal MoMa di New York, il curatore Pedro Gardanho ( architetto e scrittore) ora qui in veste di direttore. Il MAAT ( che avrà poi anche un ristorante stellato firmato da Philippe Strack) s’inserisce oggi in questa capitale in grande ascesa – presa d’assalto dai turisti – come un volano per l’arte contemporanea internazionale con ampio spazio per i portoghesi non ancora noti come Joana Vasconcelos o Pedro Cabrita Reis. I musei sono entrati oggi in un flusso interattivo: non più solo edifici per custodire raccolte o allestire mostre, ma strumenti d’innovazione, organismi che definiscono anche il profilo di una città. Nel caso delMAAT netta è la volontà di rendere questa parte del wa-
terfront connessa con la città. Prossimamente un nuovo ponte di 60 metri supererà una difficoltà d’accesso alla zona, costituita dai binari del treno e dalla strada che di fatto tagliano in questo punto il quartiere dalla riviera del Tago. All’interno del museo ( 4 mila metri quadrati espositivi) ci accoglie il grande ovale ( forma scelta dall’architetta anche per la tenuta antisismica; la città fu terribilmente distrutta nel 1755) che ci fa scendere sotto il livello del fiume ma anche, forse, nello strato dell’inconscio. L’installazione site- specific di Dominique Gonzalez- Foerster Pynchon Park, è una sorta di parco giochi sartriano, molto Huis- Clos, dove si entra in un recinto coperto da una rete sopra le nostre teste, mentre si viene osservati dall’esterno, così come facevano gli alieni con gli umani nel racconto 21st Centruy Tales a cui l’artista allude. Nella vecchia centrale elettrica che ha il fascino dei vecchi enormi boiler ed è un museo dell’energia, opere di videoarte. Quella di Rachel Maclean è una parodia delle pubblicità tv sulle creme di bellezza.