Corriere della Sera - Sette

Depardieu: «Confesso che ho vissuto»

«Ero un incidente nel ventre di mia madre, non mi volevano». La “fame di vita” di un attore che è sempre fuori dalle righe

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Pochi attori stanno alla pari di Depardieu. Per bravura, naturalmen­te, ma anche per energia, entusiasmo, bulimia e - perché no - anche esagerazio­ni. Ogni tanto le cronache si occupano delle sue bravate, delle sue scorrettis­sime uscite, delle sue provocazio­ni e allora viene da pensare che persona veramente sia questo attore francese che ha « tradito » la Francia per il Kazakhstan, che sembra amare più i suoi vini che i suoi ruoli e che rivendica con energia il diritto a essere contro tutto e contro tutti. Lo immaginere­sti un provocator­e nato, un agente di qualche internazio­nale dadaista o situazioni­sta e invece lui per descrivers­i una solo una parola: innocente. Come il titolo del suo ultimo libro – a Depardieu piace scrivere, questo è il quarto – una specie di « biografia spirituale » uscito per le Edizioni Clichy di Firenze, dopo che solo due anni fa aveva pubblicato invece una « biografia anagrafica » insieme con Lionel Duroy ( È andata così, in italiano da Bompiani). Sono pochi i punti fermi della sua vita – l’amicizia, la curiosità ( e quindi la voglia di non fermarsi mai, di viaggiare), il presente come rifiuto del passato e difesa dal futuro – e su questi ha costruito tutta la sua vita, come racconta appunto nell’Innocente. All’inizio con una specie di spinta inconscia, adesso con maggior coscienza delle proprie azioni, ma sempre con un’energia inesauribi­le. Dice di sé: « Siccome non sono stato desiderato dai miei genitori, siccome mi hanno fatto capire chiarament­e che ero un incidente nel ventre di mia madre, che ero sopravviss­uto ai ferri da maglia, sono sempre stato straordina­riamente felice di esserci e ho vissuto come uno che voleva essere un regalo per gli altri » . E ancora: « Sono un po’ come il gatto che si è cercato di annegare, che è uscito dal sacco e si è ritrovato solo sull’argine. Avrei potuto diventare un gatto selvatico, invece ho approfitta­to di questa libertà infinita per spalancare gli occhi e osservare quello che c’era intorno a me » . Da sinistra Depardieu nel 2004 in

in in nel ‘90 nel 2002 poi la cover del suo libro (Clichy). Firenze può essere una trappola, un luogo pericoloso. Lo sapeva bene il sommo Dante. E lo capisce presto anche il professor Robert Langdom (ancora Tom Hanks) gran decifrator­e di codici ed enigmi antichi. Si sveglia in un letto di ospedale (qualcuno gli ha sparato in testa) e subito una killer, vestita da carabinier­e, cerca di saldare il conto. Il professore non ricorda niente, neppure come e perché si trova lì. Ma aiutato da una graziosa dottoressa riesce a fuggire. È l’inizio di una pazza corsa per le antiche strade. A poco a poco la memoria ritorna, un miliardari­o un po’ pazzo vuole ridurre la popolazion­e del mondo con un metodo virale assai drastico. Non sarà facile fermarlo, e neppure riconoscer­e i buoni e i cattivi. Niente è quello che sembra. Capire gli indizi, ispirati alla Divina Commedia (occhio al Paradiso), porterà prede e cacciatori sino a Istanbul (via Venezia). Ron Howard comincia bene, ma perde il passo, come capitava per scritto anche a Dan Brown. L’inferno deve attendere.

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Mille volti, un attore
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