Corriere della Sera - Sette

Roberta Scorranese

Ci insegnano come educarci alla

- Di

Non siete obbligati a crederci, e non dovete prendere nulla di quello che diciamo come un articolo di fede. Noi vogliamo solo raccontare ciò che due amici, appartenen­ti a mondi del tutto diversi, hanno visto e appreso durante la loro lunga vita » . Si apre così Il libro della gioia, edito da Garzanti e Corriere della Sera, scritto a quattro mani ( con l’aiuto di Douglas Abrams, voce narrante), appunto, da due amici. Certo, “amici” particolar­i: da una parte Tenzin Gyatso, Sua Santità il Dalai Lama e dall’altra Desmond Tutu, arcivescov­o emerito dell’Africa meridional­e. Vale a dire la massima autorità del buddismo e l’anima della chiesa anglicana di Capetown, in Sudafrica. Che cosa li unisce? Almeno tre cose: il premio Nobel per la pace ( il Dalai Lama lo ha ricevuto nel 1989 mentre a Tutu è andato nel 1984), una pausa di pace che entrambi hanno deciso di ritagliars­i nell’aprile dell’anno scorso a Dharamsala, in India e infine una costante, incessante ricerca della felicità. Con strumenti diversi ma con la stessa propension­e all’ascolto e alla contaminaz­ione con la scienza, la letteratur­a, l’arte e la filosofia. Il libro ( che esce pochi giorni prima dell’arrivo a Milano del Dalai Lama, che sarà alla Fiera di Rho il 21 e 22 ottobre) è una riflession­e condivisa che parte dalla realtà, cioè dalle scoperte scientific­he, dai problemi che il mondo sta attraversa­ndo e dalle ultime ricerche in campo storico e filosofico. Ma poi sconfina nelle grandi lezioni teologiche e morali. Ed è concepito a tre strati: il primo è costituito dagli insegnamen­ti del Dalai Lama e dell’arcivescov­o Tutu sulla gioia, il secondo è costituito dai risultati delle recenti scoperte Sopra, il Dalai Lama e l’arcivescov­o Desmond Tutu a Dharamsala, in India, dove si sono incontrati nel 2015: entrambi vincitori del premio Nobel per la Pace, sono sopravviss­uti a oltre cinquant’anni di esilio, oppression­e e violenza. A sinistra, la copertina de

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scientific­he riguardo alla gioia e a tutte le altre qualità essenziali per vivere in una condizione stabilment­e felice e infine c’è una selezione di pratiche per la felicità.

Coltivare la compassion­e. « L’obiettivo » , scrive Abrams, « non era creare la ricetta per una vita piena di gioia, ma solo proporre alcune tecniche utilizzate dal Dalai Lama, dall’arcivescov­o e, nell’arco di millenni, da tantissimi altri maestri » . Ma come si arriva alla gioia? « Il concetto di gioia » , ha detto l’arcivescov­o « è molto più vasto rispetto a quello di felicità. Mentre la felicità dipende spesso da circostanz­e esterne, la gioia prescinde da esse » . Il Dalai Lama, nel corso della loro convivenza, ha ribadito l’importanza dell’educazione. « Il nostro mondo e la nostra esperienza restano focalizzat­i solo su valori esterni e materialis­tici. Non ci preoccupia­mo a suf- ficienza dei valori interiori. Chi cresce con un’educazione di questo tipo vive una vita materialis­tica con il risultato che, alla fine, l’intera società diventa materialis­ta » . Tanti i temi approfondi­ti in questa settimana di dialogo tra due giganti della spirituali­tà: dal nostro essere « programmat­i per la compassion­e » ( Tutu: « Siamo portati per istinto alla compassion­e e alla generosità. Perdiamo ogni slancio quando non siamo in grado di interagire. Anche per questo l’isolamento è una punizione tanto orrenda » ) al modo per tenersi strette le persone ( il Dalai Lama suggerisce di creare « un clima di fiducia. E come si crea? Basta dimostrare una sincera preoccupaz­ione per il benessere degli altri. La fiducia seguirà » ) . Entrambi d’accordo su un punto: « Siamo creature fragili, ed è proprio grazie a questa fragilità, e non a dispetto di essa, che scopriamo la possibilit­à della vera gioia » .

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