I vecchi
Tutto è superficie e chi si ferma (o sofferma) è perduto. Ma Claudio Baglioni, in controtendenza, dedica una canzone agli anziani
trend, contrapposti ai trozzi, lontani dai trend) va gonfiandosi in giubbotti trapuntati, a coprire giacche spallinate, il tutto montato su pantaloni a sigaretta corti alla caviglia a mostrare calzettoni bianchi da ginnastica dentro scarpe da vela. Una moda orrenda, percepita come tale da pochi quando dilagava per le strade: ma sfido chiunque a non rendersi conto oggi di quanto ieri fosse ridicolo quel look. Se fa tenerezza rivedere foto dei Sessanta cogliendovi speranze e ingenuità, se quelle dei Settanta rivelano tensioni e contraddizioni, le immagini degli Ottanta restituiscono vacuità arrogante e caratterizzano perfettamente quegli anni, distinguendosi con chiarezza dal prima e dal dopo. Questo è senza dubbio un aspetto considerevole del problema: la moda degli Ottanta è irripetibile ed è datante come il Carbonio 14 in archeologia. Se la cronologia di un pantalone a zampa di elefante può oscillare tra la fine dei Sessanta attardandosi fino ai primi Ottanta, una giacca color vinaccia con spalline appartiene esclusivamente agli Ottanta ed è un terminus post quem non, per dirla con gli archeologi. 1981. In un momento del genere stupisce abbastanza la profondità di alcune canzoni, perché anche la musica si riempie di vuoto. « I vecchi sulle panchine dei giardini / succhiano fili d’aria e un vento di ricordi / il segno del cappello sulle teste da pulcini / i vecchi mezzi ciechi i vecchi mezzi sordi / i vecchi che si addannano alle bocce / mattine lucide di festa che si può dormire / gli occhiali per vederci da vicino a misurar le gocce / per una malattia difficile da dire » . Così Claudio Baglioni ne I Vecchi, un piccolo capolavoro di intensità, scritto per il LP Strada facendo, nel 1981. Come in una ripresa al rallentatore, Claudio fotografa riti, gesti, caratteristiche legate alla vecchiaia fermando la nostalgia e i Claudio Baglioni, oggi 65 anni, nel 1981.
ricordi, scorta inevitabile di questi ragazzi di - anta anni. Più o meno centottanta anni prima di Claudio, Friedrich Hölderlin, tedesco, poeta, ispirato dai classici e trasportato dallo spirito romantico, scrive riflessioni brevissime sulla vecchiaia, anche questa territorio senza confini del luogo comune. Hölderlin vive tra 1770 e 1843 e considera in Allora e ora: « Era lieto il mattino ai giorni di giovinezza; / e la sera era pianto. Ora sono più vecchio: / apro il giorno nel dubbio / ma il suo finire mi è sereno e sacro » . Dietro alla parola “vecchio”, c’è tutta la dignità dell’esperienza, dei racconti, delle tradizioni, dei ricordi, delle consuetudini, dei gesti da trattenere per non perdere la memoria di noi. Nell’epoca della rottamazione, ci si dimentica come la rottamazione – se applicata – è una ruota. Girando, rottamerà domani il rottamatore di oggi. Con la parola “vecchio” Claudio disegna il mondo dei vecchi senza l’ipocrisia del nascondersi dietro alle locuzioni “fili d’argento”, “la terza età”, “gli anziani”. Un anno per scrivere questo capolavoro di emozioni, mi disse Claudio. « Sedia sediola / oggi si vola / e attenti a non sudare » .