1981
Sua Evanescenza, anno uno. Noto come da qualche tempo si stia riconsiderando il decennio Ottanta, più o meno nei termini raccontati qui, in Storie ( di) note. Va tramontando il compiacimento con il quale si guardava a quegli anni, come momento d’oro della creatività, scaturita quasi per magia dall’effimero per strada. Quel decennio, a tratti santificato, viaggia con l’inflazione in doppia cifra, con le scorie armate di un terrorismo non ancora sconfitto, con la prevalenza dell’immagine sull’immaginario e l’immaginazione. Quante volte ho ricordato come i sentimenti, tutti i sentimenti, finiscano davanti alle telecamere: risse, insulti, lacrime, sangue, amori, odi trasformando ogni cosa in spettacolo, perché la vita è come una diretta tv. E così è la fine dello spettacolo pensato in quanto tale. Il decennio si apre alla prevalenza del facile, ben diverso dal semplice. Da questo momento il vero si confonde con il verosimile, il fatto con l’apparenza del fatto, la notizia con il pettegolezzo. Tutto tende a viaggiare velocemente, in superficie e chi si sofferma è perduto. Lo stile è irripetibile, anche in senso stretto. Disegna il periodo come poche altre volte nella storia del costume, perché se i Settanta si distinguono per negligenza diffusa nel vestirsi ( tra zampe di elefante e abiti usati), negli Ottanta si studia il look e nascono i lookologi, coloro i quali sanno come far apparire più trend l’apparente. E mai come nel decennio di Sua Evanescenza l’apparenza ha ingannato. Tutti appaiono più alti, perché gelati nei capelli, laddove gelati non è indicazione pasticciera, quanto capigliatura pasticciata con dosi incredibili di gel, tali da sparare i capelli dritti verso l’alto. Poi l’evanescenza va rinforzata e il mondo giovanile dei paninari ( i ragazzotti
Scriveva Hölderlin: « Era lieto il mattino ai giorni di giovinezza; / e la sera era pianto. Ora sono più vecchio: / apro il giorno nel dubbio / mail suo finiremi è sereno e sacro »